L’ennesima proroga del taglio delle accise sul carburante è arrivata. Il governo Draghi l’ha fissata fino al prossimo 17 ottobre con la firma del decreto da parte del Ministero dell’Economia e di quello della Transizione ecologica. Per la prima volta fu prevista nella primavera scorsa, a poche settimane di distanze dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. E’ di 30,5 centesimi al litro per benzina, diesel, GPL e metano. Al netto dell’IVA, sono 25 centesimi. Una misura di cui non si può fare a meno, resasi necessaria per evitare che il prezzo del carburante alla pompa salga sopra i 2 euro al litro e finisca per gravare eccessivamente sui redditi, non solo degli automobilisti.

A risentirne sarebbero i già alti costi di trasporto, con ripercussioni sui prezzi dei prodotti di consumo. In pratica, senza il taglio delle accise l’inflazione italiana rischierebbe di essere ben più alta. Magari, sarebbe già a doppia cifra.

Prezzo del carburante alto tra caro petrolio ed euro debole

Con la modalità self, il prezzo di un litro di diesel viaggiava a metà settimana a una media di 1,83 euro in Italia. Per un litro di benzina, invece, ne servivano 1,87 euro. Senza il taglio delle accise, il carburante ci costerebbe intorno a 2,15 euro. Una mazzata per chi deve usare l’auto. Ciò significa anche che lo sconto dovrà necessariamente essere prorogato finché le condizioni di mercato non consentano altrimenti.

I 25 centesimi in meno pagati grazie al taglio delle accise equivalgono a 40 euro al barile. In parole povere, affinché il governo possa permettersi di ripristinare la tassazione integrale sul carburante, il prezzo del petrolio dovrebbe scendere di 40 dollari (al cambio di 1:1) al barile. Rispetto ai quasi 95 dollari attuali, servirebbe un tonfo fin sotto 55 dollari, cioè ai minimi da inizio 2021. Purtroppo, appare improbabile che ciò avvenga da qui ai prossimi mesi.

Un ulteriore ripiegamento, invece, sembra possibile. Del resto, ancora a fine luglio le quotazioni toccavano i 110 dollari.

Tuttavia, potremmo sempre confidare sulla risalita del cambio euro-dollaro. Esso è sceso anche sotto la parità, mentre all’inizio dell’anno viaggiava a 1,1350. Il mix tra calo delle quotazioni e rafforzamento dell’euro avrebbe effetti calmieranti sul prezzo del Brent. Ad esempio, con un barile sui 65 dollari e un cambio a 1,15, il costo scenderebbe sotto 55 euro, segnando -40 euro rispetto ad oggi. Sarebbero esattamente i -25 centesimi che servirebbero alla pompa per fare a meno del taglio delle accise senza risentirne in termini di prezzo del carburante.

Taglio delle accise ancora a lungo

Quant’è probabile un simile scenario nel breve termine? Poco. Il cambio euro-dollaro potrà certamente risalire con il rialzo dei tassi BCE più aggressivo del previsto, ma non a 1,15. Né le quotazioni del Brent sembrano destinate a scendere di un 30%, specie a seguito del sostegno loro offerto vistosamente dall’OPEC. I paesi esportatori guidati dall’Arabia Saudita hanno annunciato persino un mini-taglio dell’offerta di 100.000 barili al giorno, un segnale inviato al mercato (e all’Occidente) circa il fatto che il cartello non intende accettare prezzi inferiori a quelli attuali. E come il cane che si morde la coda, la crisi energetica indebolisce la moneta unica tramite il peggioramento delle prospettive economiche per l’Eurozona.

In definitiva, il taglio delle accise durerà ancora per un po’. Nessun governo dopo le elezioni del 25 settembre avrà il coraggio di provocare un aumento del prezzo del carburante. Probabile, invece, che nel corso dei mesi ci sarà un rialzo graduale delle accise, man mano che – si spera – il petrolio costerà meno e l’euro tornerà a rafforzarsi. A prezzo pieno, un litro di diesel o benzina non potrà neppure per scherzo risultare vicino alla soglia dei 2 euro.

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