Quante volte abbiamo sentire dire o letto che il Nord Europa starebbe sussidiando il Sud attraverso le politiche monetarie della Banca Centrale Europea (BCE)? La Germania contestò per anni l’allora governatore Mario Draghi e prima ancora il suo predecessore Jean-Claude Trichet e dopo l’attuale numero uno Christine Lagarde sugli acquisti dei bond. Sarebbero un sostegno palese ai debiti pubblici di paesi come Italia e Spagna. E se vi dicessimo che a fare affari d’oro in questa fase siano le banche tedesche e francesi grazie alla BCE, con costi potenzialmente a carico dei contribuenti del Sud?

Liquidità a fiumi tra QE e aste T-Ltro

Le cose sono andate più o meno così.

La BCE sin dalla fine del 2011 iniziò a iniettare liquidità a fiumi a favore delle banche commerciali dell’Eurozona. Lo fece inizialmente attraverso le aste Ltro, dopodiché con il Quantitative Easing e le aste T-Ltro. A differenza delle prime, queste ultime consistevano in prestiti duraturi e a basso costo o negativo, ma “finalizzati” al sostegno al credito.

Migliaia e migliaia di miliardi di euro entrarono nei bilanci delle banche, affievolendone i problemi di liquidità. Ad un certo punto, questa non solo non era più carente, ma iniziò a risultare in eccesso rispetto alle riserve obbligatorie. E dove va a finire la liquidità in eccesso? Sotto forma di depositi presso la stessa BCE. Finché i tassi su questi depositi erano stati negativi, la principale preoccupazione di Francoforte consisteva nel mitigare i costi a carico degli istituti. S’inventò il “two tier system”, grazie al quale i tassi negativi furono applicati su un ammontare multiplo delle riserve obbligatorie.

Maxi-interessi sui depositi

In poco più di un anno, la BCE ha aumentato i tassi di interesse di 450 punti base. I tassi sui depositi sono schizzati dal -0,50% al 4%. Cosa significa? A differenza degli anni passati, le banche ricevono denaro sulla liquidità in eccesso parcheggiata a Francoforte.

Questa è complessivamente stimata in media sopra 3.600 miliardi di euro. Il 4% per un anno corrisponde a 146 miliardi di interessi staccati alle banche. Una manna dal cielo, che non sta premiando tutte in eguale misura.

Le sole banche tedesche incidono per un terzo della liquidità in eccesso e, in base ai tassi attuali, otterrebbero sopra 49 miliardi all’anno di interessi. A seguire ci sarebbero le banche francesi con quasi 900 miliardi di depositi e poco meno di 36 miliardi di interessi da incassare su base annua. E le banche italiane? Meno di 210 miliardi di depositi per interessi da riscuotere pari a 8,3 miliardi.

Aumento dei tassi BCE premia banche del Nord

Questi numeri ci dicono che l’aumento dei tassi BCE, doveroso per combattere l’inflazione, si sta traducendo in una grossa redistribuzione a favore delle banche del Nord Europa. E a pagare il conto potremmo essere chiamati prima o poi tutti noi contribuenti dell’area. Gli interessi versati sono per la BCE un costo e finiscono per infliggerle perdite. In teoria, i governi potranno essere chiamati a ripianarle, specie se minacciano il patrimonio netto.

Stiamo parlando di teoria, ma così come teorici sono i discorsi attorno ai costi incombenti sui contribuenti per effetto degli acquisti dei bond. Potremmo concludere che due torti non facciano una ragione. L’essenza del ragionamento è un altro: in Europa si continua a riconoscere e a discutere solamente di un torto, quello presunto subito dai contribuenti del Nord a causa del sostegno ai debiti del Sud. Ve n’è un altro, che riguarda i contribuenti del Sud, chiamati eventualmente a ripianare le perdite per i benefici ottenuti dalle banche del Nord.

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