L’Austria ha imposto nuovamente il lockdown per una ventina di giorni e per tutti, contrariamente alla prima ipotesi di attuarlo per i soli non vaccinati. Ma il numero dei contagi è salito a livelli così eclatanti da rendere necessarie misure più drastiche. La Germania ci sta seriamente pensando. L’altro ieri, il ministro della Salute uscente, Jens Spahn, ha dichiarato che “entro la fine dell’inverno tutti i tedeschi saranno vaccinati, morti o guariti”. Berlino per adesso punta sulla politica delle due G (“geimpft” e “genesen”), vale a dire di consentire il godimento delle piene libertà ai vaccinati e ai guariti.

La Sassonia la sta già adottando per gli esercizi commerciali non di prima necessità.

Sempre l’altro ieri, però, la Bundesbank ha lanciato un nuovo allarme: l’inflazione in Germania a novembre salirà verosimilmente a “poco meno del 6%”. Se fosse così, dovremmo tornare indietro nel tempo alla caduta del Muro di Berlino per trovare una crescita così rapida dei prezzi al consumo. E l’istituto è particolarmente preoccupato delle politiche salariali discusse da quello che sarà con ogni probabilità il prossimo governo tedesco.

Socialdemocratici, liberali e Verdi stanno negoziando la nascita del prossimo esecutivo e uno dei punti che sarebbe siglato riguarda l’innalzamento a 12 euro all’ora del salario minimo legale. Una promessa elettorale del partito del cancelliere in pectore, Olaf Scholz. La misura scatterebbe dal prossimo 1 luglio e avrebbe effetti sui redditi più bassi. Secondo la Bundesbank, rischia di rendere meno temporanea del previsto l’alta inflazione. Anzi, questa diverrebbe per certi versi strutturale.

Lockdown contro l’inflazione?

In questo quadro, mancano notizie che lascino intravedere un “raffreddamento” dei prezzi per i prossimi mesi. Ed ecco che entrano in gioco i lockdown, misure drastiche e di tipo sanitarie, ma che inevitabilmente hanno avuto e avrebbero anche nelle prossime settimane conseguenze economiche.

Una di queste consiste proprio nel calo dei prezzi. Poiché i negozi restano chiusi, la domanda si concentra sui beni di prima necessità. Ogni altro bene e servizio tende a costare di meno. Male che andasse per i consumatori, non potendo uscire e non acquistando quasi nulla, non avvertirebbero gli alti prezzi.

In realtà, i lockdown sono stati anche artefici dell’alta inflazione di questi mesi. Con le riaperture, una quantità enorme di domanda prima repressa si è riversata sull’acquisto di beni e servizi scartati durante la fase acuta della pandemia. E questo sta tenendo alti i prezzi, i quali risentono anche dei costi patiti dalle imprese per le misure anti-Covid e dei colli di bottiglia sorti praticamente in ogni comparto nel mondo. Ma serve superare l’inverno, con le bollette di luce e gas che si attendono esplosive, così come di conseguenza il malcontento popolare. I lockdown avrebbero l’effetto secondario di tenere a bada l’inflazione per qualche mese e di comprimere i consumi delle famiglie, risparmiando loro i rialzi dei prezzi in corso. Il confine tra finalità sanitarie ed economiche è diventato ormai molto labile.

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