Ancora con Chiara Ferragni? Ma non abbiamo davvero nulla di meglio su cui scrivere? Sono le domande che probabilmente si staranno ponendo in queste settimane tutti gli operatori dell’informazione. Dell’influencer si è scritto tantissimo, per alcuni anche troppo. Il vice-premier Matteo Salvini, non certo sospettabile di simpatie per la coppia di CityLife (e viceversa), ha parlato di “accanimento” mediatico. Forse qualcuno gioirà dinnanzi alla caduta in apparente disgrazia di una delle personalità più celebri degli ultimi anni, ma tanta attenzione dei giornali non si deve per fortuna alla Schadenfreude.

L’accusa di truffa aggravata

Piaccia o meno, Chiara Ferragni è stata per anni l’imprenditrice digitale di maggiore successo in Italia e tra le principali nel mondo. Ha creato dal nulla un suo impero, che fattura qualcosa come quasi 100 milioni di euro all’anno. Senza volere eccedere nei paragoni, sarebbe come se all’improvviso scricchiolasse un colosso dell’informazione come Mediaset o stesse per fallire una delle più popolari società quotate in borsa. Non ne dovremmo parlare?

Chiara Ferragni è nei guai giudiziari, iscritta nel registro degli indagati dalla Procura di Milano per “truffa aggravata”. Il meno peggio che le sta accadendo. Rischia di pagare qualche spicciolo, nulla di più. Il vero problema riguarda la crisi d’immagine provocata dalla vicenda Balocco. L’Antitrust l’ha multata per oltre 1 milione di euro, ritenendo ingannevole la sua pubblicità sulla beneficenza dei pandori a favore dei bambini malati di osteosarcoma e sarcoma di Ewing, ricoverati all’ospedale Regina Margherita.

Imbarazzo per Chiara Ferragni da email Balocco

Email imbarazzanti sono emerse in questi giorni e che furono scambiate nel 2022 tra Balocco e Tbs Crew, nonché all’interno dell’azienda dolciaria. Qual è il succo del loro contenuto? I dirigenti Balocco chiesero alla società di Chiara Ferragni di non legare la beneficenza alle vendite, essendo la prima sconnessa da esse.

Replica proprio Tbs, sostenendo che meglio sarebbe stato citare espressamente tale legame. Le email interne a Balocco, poi, svelano una certa preoccupazione dei dirigenti per la possibile accusa di pubblicità ingannevole di cui sarebbero passibili a causa della strategia comunicativa scelta dai partner.

Infine, un’email di un dipendente che sbuffa, sostenendo che il sovrapprezzo da pagare per il pandoro sarebbe legato non alla beneficenza, ma per pagare l’alto cachet a Chiara Ferragni. L’influencer potrà anche provare a nascondersi dietro un dito, sostenendo che si tratti di scelte errate dei collaboratori. In fondo, quante volte capita che il capo di un’azienda paghi per errori commessi da un dipendente o anche uno stretto collaboratore? Esiste una responsabilità oggettiva, è vero, ma altra cosa è la responsabilità morale o personale. Se solo il CEO e il ragioniere mi ha truccato i conti, pagherò in prima persona, ma perlomeno emergerebbe che non ci abbia messo del mio.

Governance inadeguata

Il fatto è che le società di Chiara Ferragni – Tbs e The Blonde Salad – sono gestite con pieni poteri dalla stessa. Malgrado un fatturato con tanti zeri, la governance è rimasta acerba come ai tempi in cui la giovane aprì un suo blog e iniziò a postare foto, video e storie su Instagram. E questo è un errore madornale commesso da tantissime aziende italiane: ragionare come se fossero di dimensione familiare anche quando assumono una rilevanza di mercato primaria.

Questo è probabilmente l’errore più grande commesso da Chiara Ferragni. Nessuno può possedere tali e tante competenze per occuparsi in prima persona di tutto. E nessuno vi avrebbe il tempo di farlo. Puoi essere un esperto massimo di contabilità, ma se sei un CEO devi comunque avvalerti della collaborazione di uno o più esperti in materia. E puoi essere un genio della comunicazione, ma magari non sarai pienamente addentrato sui temi giuridici, fiscali, ecc.

Ecco, una governance più strutturata e anche meno piena di sé avrebbe fiutato il rischio di guadagnare oggi per pagare con gli interessi un domani in termini di immagine.

Cavalcare temi divisivi arma a doppio taglio

C’è un secondo errore commesso da Ferragni, forse trasportata in ciò dal marito Fedez: esporsi su tutti i temi sociali, anche i più divisivi. E’ un suo diritto, persino inalienabile. Ci mancherebbe altro. Ma quando si fa l’imprenditore, devi sempre tenere a mente che i tuoi clienti possano non condividere le tue idee ed esternazioni. Mischiare il tutto è pericoloso per il business. Chiedete alle aziende americane sotto assedio da una parte dell’opinione pubblica per avere sposato battaglie come i diritti Lgbt. Vendite in forte calo e immagine compromessa. Non è un giudizio sulla battaglia in sé a rilevare, quanto l’errore di pensare che sia una furbata di marketing cavalcare alcune onde.

L’impresa nasce per perseguire il profitto. E sappiamo che per essa vale il detto “pecunia non olet”. Non importa se chi compra il mio prodotto o servizio sia di destra o di sinistra, conservatore o progressista, bianco o nero, ecc. L’importante che compri. Nel momento in cui ti schieri, stai rinunciando anche inconsapevolmente alla fetta di clientela che non la pensa allo stesso modo. Elisabetta II apprese dalla nonna che una regina non avrebbe neppure dovuto fare una smorfia sui tempi politici, perché da quel momento avrebbe perso l’aura di imparzialità e avrebbe finito per rappresentare solo una parte dei sudditi contro gli altri.

Chiara Ferragni faccia tesoro degli errori

Chiara Ferragni ha prima consolidato il suo business e, una volta raggiunta una certa sicumera, ha sfruttato la sua popolarità per sposare battaglie e attaccare una parte dell’arena politica. E’ una scelta del tutto legittima, lo ripetiamo, ma da quel momento il suo mondo degli affari risulta perfettamente attaccabile e opinabile alla pari di un partito.

Non si stupisca l’influencer se una parte della stampa la stia attaccando quotidianamente. E’ il trattamento che bisogna aspettarsi quando si sale o si scende al livello dei politici. Sarebbe troppo facile sferrare un pugno senza rischiare mai di prenderne uno.

La vera lezione che emerge da questa vicenda è duplice: serve una governance adeguata per fare affari; mai sopravvalutare i famosi guru della comunicazione e, soprattutto, mai puntare il dito su una parte del tuo stesso mercato, a meno che tu non abbia intenzione di ritagliartene una fetta più piccola o di abbandonare la priorità del profitto in favore di altri obiettivi giudicati non meno nobili. Ma fare impresa nel senso pregnante del termine è altra cosa.

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