In tutta la UE vi sarebbero 11,1 milioni di potenziali lavoratori, ovvero persone che non cercano ufficialmente lavoro, ma che nei fatti potrebbero essere occupate. Si tratta dei cosiddetti “scoraggiati”, quanti non abbiano più la speranza di trovarlo (8,8 milioni di persone), così come di coloro che lo avranno cercato, magari subito dopo avere completato gli studi, ma non avendolo trovato subito, non si mostrano più attivi sul mercato del lavoro (2,3 milioni). Lo ha comunicato oggi l’Eurostat, secondo cui i potenziali lavoratori nella UE sarebbero pari al 4,5% del tasso di occupazione.

Il 55,9% dei potenziali occupati riguarda le donne. Per l’Italia ci sono pessime notizie, perché il nostro è il paese con la più alta percentuale, ovvero al 13% degli occupati, corrispondenti a 3,3 milioni di persone. I dati riguardano le persone di età compresa tra i 15 e i 74 anni.

Considerando che l’attuale tasso ufficiale di disoccupazione si attesti poco oltre le 3 milioni di unità, significa che ad essere attraversati dall’assenza di lavoro in Italia sarebbe un numero più che doppio di quello riportato dalle statistiche ufficiali. Poco peggio di noi fa la Croazia con il 10,9%, a seguire la Finlandia con l’8% e poi Bulgaria (6,9%) e Lussemburgo (6,8%). La Germania vanta tra le percentuali più basse di potenziali lavoratori non occupati, superiore di poco al 2%, mentre la stessa Grecia, a fronte di una disoccupazione intorno al 23%, avrebbe una forza-lavoro potenziale del 3% rispetto al suo tasso attuale di occupazione. In fondo alla classifica compare Malta con meno dell’1%. Tra le grandi economie, la Francia giace sotto la media UE con circa il 3,7%, mentre la Spagna sta di poco sopra di essa. (Leggi anche: Disoccupazione reale in Italia al 24%)

Il fenomeno del lavoro part-time involontario

Ieri, altri numeri erano stati pubblicati dall’Eurostat con riguardo ai cosiddetti lavoratori part-time “involontari”, quelli che lavorano a tempo parziale, ma che sarebbero disponibili a lavorare a tempo pieno.

In tutta la UE, ammonterebbero a 9,5 milioni di persone, pari al 20,9% di tutti i lavoratori part-time di età compresa tra i 15 e i 74 anni e al 4,2% degli occupati complessivi.

In Italia, il fenomeno riguarderebbe circa il 17% degli occupati part-time e poco più del 3% di quelli complessivi, numeri inferiori alla media europea, che smentirebbero il mantra ripetuto a ogni dibattito pubblico sul tema, secondo cui il lavoro part-time in Italia nasconderebbe contratti precari, insomma sarebbe un’alternativa appena formale alla disoccupazione. Il dramma dei lavoratori part-time involontari riguarderebbe il 75% del totale in Grecia, quasi il 65% a Cipro, oltre il 50% in Spagna e il 45% in Portogallo, ma solo l’8% in Repubblica Ceca e il 12,6% in Germania. (Leggi anche: Lavoratori italiani sono pochi e sgobbano più dei tedeschi)