Il Patto di stabilità sarà riattivato a partire dal 2024, salvo ulteriori rinvii. Non sappiamo se con un nuovo formato o rimanendo ancorato alle vecchie regole tante care ai paesi frugali del Nord Europa. Una cosa la sappiamo, cioè che non ha funzionato, se l’obiettivo negli anni passati fosse di stabilizzare i debiti degli stati intorno al 60% del PIL. E’, invece, accaduto che da quella soglia massima teoricamente tollerata, le economie dell’Eurozona si siano allontanate sempre più. Prima della crisi finanziaria mondiale del 2008, la media nell’area era inferiore al 69%.

Nel 2021, saliva a quasi il 96%.

Nei mesi scorsi, si era persino speculato sull’ipotesi di innalzare al 100% la soglia massima di debiti sovrani tollerata dal nuovo Patto. La Germania ha guidato il fronte dei contrari, sostenendo in soldoni che il rapporto è esploso già con un rapporto del 60%, figuriamoci cosa accadrebbe ufficializzando il 100% del PIL.

Italia migliora posizione

In valore assoluto, i debiti pubblici nell’Eurozona sono quasi raddoppiati tra il 2007 e il 2021, salendo da 6.000 a più di 11.720 miliardi di euro. Ciò corrisponde a una crescita media annua del 4,9%. Il problema non è solo questo, quanto il fatto che tanto debito sia stato incapace di generare crescita. In effetti, nel periodo considerato il PIL è cresciuto di appena il 9%, vale a dire a una media dello 0,6% all’anno. Dunque, i debiti nell’area tendono a crescere di quasi 2,5 volte più velocemente dell’economia.

In molti di noi penseremmo che l’Italia abbia peggiorato la propria posizione in relazione agli altri stati dell’Eurozona. E’ vero il contrario. Nel 2007, i debiti del nostro stato incidevano per il 28% di quelli dell’intera area. Nel 2021, la percentuale scendeva a meno del 23%. Purtroppo, qualcosa di simile è accaduto anche alle dimensioni relative della nostra economia: PIL pari al 17,5% dell’Eurozona nel 2007, ma sceso al 14,5% nel 2021.

Cosa ci suggeriscono questi dati? I debiti accumulati negli ultimi quindici anni nell’Eurozona non sono serviti a crescere, anzi non sono stati neppure il frutto di precise scelte di politica economica.

Essi hanno risentito, invece, del clima economico depresso, il quale a sua volta ha richiesto la copertura delle spese in eccesso sulle entrate e l’erogazione di assistenza a famiglie e imprese. Quest’ultima parte è stata particolarmente vera durante la pandemia.

Differenze con debiti USA

E’ il vero dramma dell’Eurozona. I nostri debiti restano più bassi, ad esempio, di quelli degli Stati Uniti, dove tra governo federale, stati e comuni arrivano al 125% del PIL. Il rallentamento della crescita economica s’intravede da anni anche lì, ma tra il 2007 e il 2021 il PIL è cresciuto comunque di oltre il 25%, cioè alla media dell’1,6% all’anno. E sostanzialmente uguale, poi, il rapporto tra crescita nominale dei debiti sovrani e del PIL: 2,5.

C’è un altro dato a favore degli Stati Uniti. Lì, la spesa pubblica prima del Covid viaggiava poco sopra il 35% del PIL e adesso è salita al 42%. Nell’Area Euro, stava già in media al 47% e con la pandemia si è impennata attorno al 52%. Questo significa che Washington avrebbe teoricamente la possibilità di ridurre la corsa ai debiti alzando le entrate, opzione non più a disposizione degli stati dell’euro. Da noi, al contrario, serve una chiara e alquanto impopolare riduzione della spesa pubblica.

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