Silvio Berlusconi è tornato a parlare di doppia moneta, quel mezzo ritorno alla lira senza lasciare l’euro, il coniglio tirato fuori dal cilindro per mettere d’accordo tutti nel centro-destra, da Antonio Tajani a Matteo Salvini. Non è la prima volta che l’ex premier lancia una simile proposta, ricordando un’analoga situazione dell’Italia in piena Seconda Guerra Mondiale, quando gli americani stamparono una moneta parallela (le Am lire), al fine di finanziare le loro truppe sbarcate in Sicilia. Risultato: l’inflazione schizzò fino a quasi il 500% a fine ’44.

Ma cosa sarebbe questa doppia moneta di cui parla Berlusconi e che, a suo avviso, sarebbe accettata anche dai leader europei, grazie alla credibilità di cui godrebbe, nel caso tornasse a Palazzo Chigi? Si tratterebbe di mantenere l’euro per gli scambi con l’estero e usare la lira per le transazioni domestiche. Secondo il Cavaliere, in questo modo si sosterrebbe la domanda interna, perché in un certo senso si ricreerebbe una situazione simile a quella degli anni Ottanta e fino alla metà degli anni Novanta, quando accanto alle monete nazionali vi era l’Ecu, l’unità monetaria europea, a cui le prime erano fissate con oscillazioni possibili limitate.

Per capire che si tratta di una stramberia, basti pensare che persino Claudio Borghi, economista anti-euro e responsabile economico della Lega Nord, l’ha respinta, sostenendo che non funzionerebbe. E in un tweet di pochi caratteri spiega bene il perché: i debiti resterebbero in euro e sarebbe vietata dai Trattati UE. Aggiungiamo noi, che continuare a commerciare in euro con il resto del mondo non rilancerebbe di un solo millesimo le nostre esportazioni, per cui non si capisce quale contributo effettivo apporterebbe alla nostra economia la circolazione di due monete, il cui l’unico effetto probabile sarebbe solo di accrescere la confusione negli scambi e, in particolare, di alimentare dubbi e speculazioni sulla nostra permanenza nell’Eurozona.

(Leggi anche: Perché la doppia moneta proposta da Berlusconi non avrebbe senso)

Spread si allarga, ma c’entra la doppia moneta?

Negli ultimi giorni, lo spread BTp-Bund a 10 anni è salito dai 159 punti base del giovedì scorso ai 173 bp di ieri. L’impennata è per i due terzi causata dall’aumento dei rendimenti decennali italiani, passati dal 2,02% al 2,11%, mentre il calo di quelli tedeschi dallo 0,43% allo 0,38% ha fatto il resto. Il sospetto che il mercato stia reagendo negativamente alla proposta del leader di Forza Italia esiste, anche se nello stesso arco di tempo sono schizzati più dei nostri i rendimenti spagnoli, saliti all’1,57% dall’1,44%, in conseguenza degli attentati a Barcellona.

Dunque, lo spread c’entrerebbe poco con il rilancio della doppia moneta da parte del principale partito di centro-destra, ma non crogioliamoci, perché nelle prossime settimane l’attenzione dei mercati sull’Italia si farà più intensa, man mano che ci avvicineremo alle elezioni politiche, che segneranno la vittoria o dell’arco parlamentare europeista o di quello euro-scettico. Entrambi sono trasversalmente presenti nelle tre coalizioni, anche se è un dato di fatto che gli investitori temano sopra ogni altra cosa una vittoria del Movimento 5 Stelle, che si è impegnato a indire un referendum sulla permanenza nell’euro, nel caso arrivasse al governo. (Leggi anche: Avanzata euro-scettici con gli occhi dell’economia)

Centro-destra si concentri su altro

Sull’euro è meglio avere idee chiare e non flirtare con sentimenti di legittima repulsione, ma che poca giustificazione trovano spesso nelle inefficienze della moneta unica. Lo stesso Berlusconi, nel confermare la sua proposta, ha spiegato che essa si renderebbe necessaria, perché tutte le grandi economie, compresi Russia e Giappone, sarebbero usciti dalla crisi “stampando moneta”.

Ora, un paio di riflessioni potrebbero scriversi sul punto: la prima, che l’ex premier appartiene a quella cerchia di politici ed economisti, per i quali la ricchezza si fondi sulla moneta, non sulla produzione di beni e servizi; la seconda, che egli ignori che la BCE ha avviato da due anni e mezzo un potente piano di stimoli monetari, che ha già incrementato la liquidità sui mercati di oltre 2.000 miliardi di euro, facendo crollare i tassi di cambio tra l’euro e le altre divise e schiantando i rendimenti dei bond, BTp inclusi; la terza, che nonostante il suo esplicito endorsement per la cancelliera Angela Merkel, la linea politica di Berlusconi in Europa resta estremamente diversa e si differenzi nettamente dal resto del PPE, il partito a cui appartiene Forza Italia dalla fine degli anni Novanta.

(Leggi anche: Berlusconi guarda alla Merkel e prende le distanza dalla Le Pen)

La doppia moneta sarebbe una mezza idea, una strada a metà tra tornare alla lira e restare nell’euro, una proposta all’italiana per accontentare i due lati del tavolo, senza assumersi la responsabilità di una linea chiara. Berlusconi è fin troppo esperto per sapere che non solo sarebbe un’idea irrealizzabile, ma nemmeno efficace. Che serva a tenere buoni gli euro-scettici nella coalizione è un conto, ma che sia questa una pietra miliare di quel programma che il centro-destra presenterà agli italiani per le politiche è qualcosa che non ci lascia granché sereni.