Il 2021 si era presentato ricco di promesse e carico di speranze. Quando mancano poche ore al suo addio, possiamo affermare che molte di esse siano andate tradite. E’ vero, le vaccinazioni anti-Covid hanno ridotto notevolmente il tasso di letalità, ma il ritorno alla normalità non c’è stato. Sui mercati, la cattiva sorpresa si è tradotta nel rafforzamento del dollaro e – apparentemente paradossale – nell’indebolimento dell’oro.

In pochi un anno fa avevano scommesso sul “super” dollaro. Invece, il biglietto verde guadagna nel 2021 circa il 6,6% in media contro le principali valute mondiali.

Contro l’euro ha messo a segno un rialzo di circa il 7,5%. Per contro, il prezzo dell’oro è sceso da poco meno di 1.900 dollari a poco più di 1.800 dollari l’oncia. Un passivo del 5%, che si spiega essenzialmente proprio con la forza del dollaro. Poiché il metallo scambia sui mercati internazionali in valuta americana, tende ad esserne correlato negativamente.

Per un investitore dell’Eurozona, quindi, quest’anno l’oro non è costato di meno, bensì di più di oltre il 2%. E il boom dei contagi in Europa delinea uno scenario per il breve termine negativo per la moneta unica. La Federal Reserve dovrebbe alzare i tassi d’interesse già nella prima metà del 2022. La BCE dovrebbe farlo non prima del 2023. Questo significa che la divergenza monetaria nei prossimi mesi aumenterà tra le due principali banche centrali. Fin qui, nulla che i mercati non abbiano scontato.

Recupero dell’euro contro il dollaro dai primi mesi del 2022?

Ma la variante Omicron e l’esplosione dei casi in Europa depone a favore del mantenimento degli stimoli monetari da parte della BCE. E’ vero che l’istituto a dicembre ha annunciato che da aprile cesseranno gli acquisti di bond con il PEPP, ma al contempo si è riservato la facoltà di ripristinarli se occorresse. Viceversa, nulla ad oggi lascia supporre che la FED possa indietreggiare sui suoi propositi di ridurre il grado di accomodamento monetario.

L’economia americana corre, si è ripresa del tutto dal Covid e l’occupazione continua a crescere, così come i salari nominali e l’inflazione.

In realtà, l’inflazione corre anche nell’Eurozona e, unitamente ai tassi azzerati, crea un mix micidiale per i capitali. La ricerca di porti sicuri da un lato e più remunerativi dall’altro spingerà anche nelle prossime settimane il dollaro e indebolirà l’euro. Il picco dei contagi da Covid nel Vecchio Continente è atteso per febbraio, ragione per cui l’outlook per l’unione monetaria dovrebbe migliorare già tra fine inverno e inizio primavera. E con esso dovremmo assistere alla ripresa del cambio euro-dollaro. A quel punto, anche le quotazioni dell’oro si surriscalderebbero. In fondo, sia FED che BCE lasceranno i tassi reali a livelli molto bassi (e negativi) ancora a lungo.

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