E’ in una fase calante il dollaro, che nel giro di tre settimane perde il 3,3% contro le principali valute mondiali. Il suo tasso di cambio medio ponderato è tornato ai livelli di inizio febbraio, una data non casuale. Così come non è casuale la data da cui parte la debolezza della valuta americana. Siamo l’8 marzo e Silicon Valley Bank dichiara perdite per 1,8 miliardi di dollari su un portafoglio obbligazionario di circa 21 miliardi. Parte l’attacco speculativo in borsa contro le sue azioni.

Due giorni dopo, il fallimento. La crisi delle banche scatena una tempesta finanziaria, apparentemente placatasi da qualche seduta solo dal pronto soccorso prestato dalla Svizzera a Credit Suisse con 109 miliardi di franchi e dalla discesa in campo delle autorità americane per spegnere l’incendio sul nascere.

Possibile taglio dei tassi estivo

Nello stesso arco di tempo, il prezzo dell’oro è salito dell’8,5% sopra 1.965 dollari l’oncia. Ma agli inizi della settimana scorsa era tornato a sfondare la soglia dei 2.000 dollari dopo un anno. La debolezza del dollaro ha a che fare con le previsioni sui tassi d’interesse. Siamo a inizio febbraio e la Federal Reserve alza il costo del denaro dello 0,25%. Il giorno dopo, la Banca Centrale Europea (BCE) annuncia il suo +0,50%. Pur in rallentamento, la stretta monetaria procede. E i toni dei governatori si alzano contro l’alta inflazione, che a febbraio segnala di ristagnare a livelli elevati.

I rendimenti dei titoli di stato s’impennano, specie sul tratto a breve della curva. Il T-bond a 2 anni arriva a superare il 5%. Poi, la crisi delle banche rimette tutto in discussione. Non solo il rialzo globale dei tassi si arresterà probabilmente a breve, ma starebbe per arrivare il taglio dei tassi. I futures raccontano proprio questo. I tassi FED potrebbero salire di un altro 0,25% a maggio per essere tagliati già entro l’estate dello 0,50%.

E poiché l’avvio della stretta sui tassi nel marzo 2022 aveva rafforzato il dollaro fino al 15% in sette mesi, adesso che il mercato sconta lo scenario opposto è naturale che parte di questa forza venga meno.

Dollaro resta porto sicuro con crisi

Anche perché le altre principali banche centrali, perlopiù arrivate in ritardo nel rialzo dei tassi, sono costrette a proseguire con la policy attuale per battere un’inflazione ancora elevatissima. Tra queste la BCE e la Banca d’Inghilterra. Non a caso il cambio euro-dollaro è risalito sopra 1,08 e la sterlina sopra 1,23. Adesso, il T-bond a 2 anni è sceso al 4%, segno che negli Stati Uniti sono attese condizioni monetarie più espansive per i prossimi mesi. Sta accadendo qualcosa di simile nell’Area Euro, con il Bund a 2 anni ad essere indietreggiato dal 3,33% dei massimi di marzo al 2,60% di ieri. Lo spread Treasury-Bund si è sgonfiato nel frattempo di una trentina di punti, cosa che favorisce l’euro contro il dollaro nel medio periodo.

Attenzione, però, a dare il dollaro per spacciato. Se taglio dei tassi sarà già quest’anno, ciò avverrà verosimilmente in un contesto di debolezza per l’economia americana e globale, se non di recessione vera e propria. Ed essendo un safe asset per antonomasia, attirerà i capitali dal resto del pianeta contro eventuali turbolenze finanziarie. Dunque, nel medio termine non è affatto detto che questa fase di debolezza si acuirà. Anche perché se Washington piange, non è che Bruxelles e Londra ridano.

[email protected]