I laureati italiani trovano lavoro oppure no una volta ottenuto il titolo? Le notizie in merito sono sempre contrastanti. Secondo Eurostat, infatti, su 10 laureati ben 4 non trovano lavoro a distanza di 3 anni dalla laurea. Il discorso fa leva, ovviamente, sulla formazione, le competenze e la capacità delle scuole e delle Università a formare i giovani ma il nodo riguarda anche le aziende.

Italia penultima

In base ai dati Eurostat, come riporta Il Sole 24 Ore in un recente articolo, l’Italia è sempre al penultimo posto per numero di laureati con il 27,8% di giovani tra 30 e 34 anni che hanno un titolo di studio elevato.

Confrontando i dati italiani con quelli esteri è emerso che tra i trentenni che hanno una laurea, dopo 3 anni dall’ottenimento del titolo, escludendo quelli impegnati in dottorati o master, il 62,8% ha trovato lavoro contro una media europea dell’85,5%. Alcuni paesi come Germania e Olanda, addirittura, arrivano al 94%. Peggio di noi solo la Grecia con il 59% visto che paesi come Turchia e Serbia sembrano avere dati migliori dei nostri.

I motivi

La situazione italiana, quindi, appare sempre drammatica e i problemi sono sempre gli stessi. Da un lato un tasso di occupazione che non è mai stato troppo alto, il 59% al massimo, condito da lavoro irregolare. Sicuramente fattori che già diversificano molto il mondo del lavoro in Italia e quello estero di per sé. Ma non è tutto: le aziende infatti tendono a richiedere skills sempre più specifiche che non di rado non sono soddisfatte dal laureato, mancanza di competenze che spesso porta i laureati stessi a fare lavori dequalificati per cui non hanno studiato mentre le aziende rimangono con posti vacanti. Le Università, dal canto loro, hanno difficoltà a rivoluzionare, in un certo senso, i corsi di laurea e renderli adatti e al passo con le esigenze delle aziende.

Non è un caso, quindi, che i giovani italiani hanno due scelte davanti: adattarsi al mercato del lavoro pur di non rimanere disoccupati e quindi svolgere un’attività per cui non hanno studiato oppure trovare un’opportunità all’estero come abbiamo già visto nel recente articolo Cervelli digitali in fuga: quanto guadagnano all’estero

Di contro ci sono anche quei giovani che preferiscono rimanere ai margini, non lavorare e continuare a cercare un occupazione congrua alle proprie aspirazioni rinunciando persino ad un lavoro stagionale come nel caso di Gabicce (Dopo Gabicce, il caso Rimini: mancano lavoratori stagionali, la fuga di cuochi e camerieri)

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