Se fosse un’elezione, la sconfitta sarebbe sonora. Trattandosi di un sondaggio, emerge in queste ore l’ennesimo imbarazzo attorno alla figura di Christine Lagarde. E’ alla guida della Banca Centrale Europea (BCE) sin dal novembre del 2019, cioè da quattro anni abbondanti. E il tagliando di metà mandato è andato malissimo. Intervistati 1.100 su 5.100 dipendenti dell’istituto, il 50,6% ha giudicato la francese “scarsa” o “molto scarsa”, insomma inadatta a fare il governatore. Pur a fine mandato, i giudizi riguardo all’operato di Mario Draghi furono di segno opposto.

Allora, il 55% dei dipendenti intervistati lo aveva ritenuto “ottimo” o “eccezionale”.

Attacco scomposto a Trump

Tante le ragioni di critica a Lagarde. La donna sarebbe “troppo incentrata su sé stessa” e farebbe “troppa politica”. Parole che arrivano a pochi giorni di distanza dagli attacchi rivolti al candidato repubblicano Donald Trump. Non si era mai visto un governatore centrale immischiarsi così direttamente e sguaiatamente nelle vicende politiche, tra l’altro di uno stato straniero, affievolendo la credibilità dell’istituzione rappresentata.

Sfiducia verso operato BCE

Ma non è tutto. Pur essendo la prima donna a guidare la BCE, pare che per i dipendenti non abbia fatto abbastanza per promuovere le politiche d’inclusione. Verso Draghi, invece, i giudizi sul punto erano stati parecchio positivi. Ancora peggio: solo il 38% di chi ha risposto al sondaggio si è detto convinto che sotto Lagarde la BCE centrerà il target d’inflazione. Con Draghi la percentuale era del 64%. Promossa solo su un punto: sull’inserimento degli obiettivi ambientali nel mandato di Francoforte.

Questo giovedì, Lagarde terrà il primo board dell’anno. Già al World Economic Forum di Davos ha anticipato che non ci sarà un taglio dei tassi di interesse fino all’estate. Parole improvvide, visto che l’approccio ufficiale sin qui usato resta “data dependent”. Insomma, c’è una questione di metodo, ancor prima che di merito.

L’ex ministro delle Finanze e direttore generale del Fondo Monetario Internazionale non ha mai avuto la stoffa per ricoprire una carica così importante e imparziale. La lista dei pasticci combinati è lunga, quando siamo ancora alla metà del mandato.

Licenziare Lagarde quasi impossibile

Dal “non siamo qui a chiudere gli spread” alla necessità per il capoeconomista di tenere call segrete con investitori scelti a rotazione per tradurre loro in concetti chiari cosa intendesse affermare Lagarde in conferenza stampa, è lampante l’inadeguatezza di una figura che non gode di prestigio e credibilità neppure tra i suoi collaboratori. Se Draghi era considerato “al servizio della BCE”, attualmente sarebbe “la BCE al servizio di Lagarde”. Parole pesanti, che escono a pochi mesi dalle elezioni europee.

Durante la campagna elettorale del 2022, il presidente Emmanuel Macron aveva prospettato l’ipotesi di nominare la sua connazionale a capo del futuro governo. Non se ne fece nulla, ma in tanti ci sperarono per il bene proprio di Francoforte. Nessuno negli ambienti politici si azzarda a chiedere la testa di Christine, anche perché i ruoli riflettono delicati equilibri tra stati e partiti. La Francia non può rimanere scoperta in merito alle principali cariche europee. E sarebbe eccessivamente imbarazzante fare pressioni per impedire a Lagarde di completare il suo mandato.

Lagarde tallone d’Achille di Francoforte

Ci sarebbe bisogno di una buonuscita per mascherarne il licenziamento e farlo passare come una ennesima promozione. Molto probabile che non avverrà. Fatto sta che sia “falchi” che “colombe” la trovino inadeguata. Dal suo debutto a Francoforte si è ritagliata il ruolo di “consensus builder”, se non altro per l’incapacità di avere una posizione propria sui temi di politica monetaria. Quando si espose nel 2022, fu una brutta figura dietro l’altra. Ricordiamo ancora tutti che l’inflazione fosse un “fenomeno transitorio”.

Un anno più tardi l’avrebbe definita una minaccia per il medio-lungo termine.

Il problema fondamentale di Lagarde è che parla troppo, in modo spesso confusionario e non ponendosi i limiti che dovrebbe avere una figura apolitica. Questo è il vero tallone d’Achille della BCE, la quale non a caso è diventata oggetto di attacchi anche di governi come l’Italia. Per la serie “rendere pan per focaccia”. I mercati hanno la sensazione che le dichiarazioni del governatore vadano colte “cum grano salis”, che meglio sia ascoltare le parole dei consiglieri esecutivi o dei principali banchieri centrali nazionali. In sostanza, ci ritroviamo una banca centrale acefala. E pensare che gestisce i nostri soldi.

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