Geraldine Giulia Haddad è una gemmologa tra le più preparate in Italia e una delle poche componenti donne della Borsa dei Diamanti in Italia. Svolge il suo lavoro a Milano, collaborando con una storica azienda del settore, dove si occupa di acquistare e selezionare “una ad una” le pietre, che dopo verranno rivendute sul mercato. Inizia la sua esperienza nel settore a soli 20 anni, presso la Borsa dei Diamanti di Tel Aviv, oggi la più importante al mondo, precisa nel corso della nostra intervista.

Con un diploma al Gemologist Institute of America (GIA), uno degli istituti di gemmologia più rinomati del pianeta, ci tiene a dire la sua sui diamanti, il cui mercato è stato ultimamente sporcato in Italia dalla brutta storia della truffa presso le banche e ai danni dei clienti, molti dei quali hanno comprato negli anni scorsi le pietre a prezzi rivelatisi doppi o pure tripli rispetto al loro valore di mercato.

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Haddad spiega di non possedere elementi per potersi esprimere su quanto accaduto, ma sottolinea tante volte come chiunque venda diamanti debba essere in possesso di una licenza. Difende il lavoro di chi come lei, avvalendosi degli studi e di un’esperienza di svariati decenni alle spalle, cerca di fissare la quotazione di un diamante sulla base delle caratteristiche riscontrate, vale a dire il carato, il colore, il grado di purezza e il taglio. Ci spiega che esistono allo scopo quotazioni di riferimento, come quelle fornite da Rapaport, che aiutano orientativamente a fissare un valore di mercato a ciascuna pietra.

Ma, soprattutto, l’esperta gemmologa non ci sta che passi il messaggio che un diamante non sarebbe adatto come bene d’investimento, al contrario notando come esso sia stato in grado per secoli di conservare e accrescere il valore investito dalle famiglie, arrivando a salvare le vite di chi, nel corso dell’ultima guerra, lo ha messo in tasca e lo ha utilizzato per mettere in salvo la pelle.

“Abbiate fiducia”, spiega, perché qualsiasi pietra certificata da un istituto di gemmologia riconosciuto a livello internazionale e venduto da un operatore con apposita licenza nel tempo è in grado di tradursi in un’occasione importante di investimento, anche se sussiste pur sempre qualche rischio. Uno di questi consisterebbe, ad esempio, nel voler rivendere il diamante dopo un dato lasso di tempo a chi lo ce lo aveva venduto. Non è detto che lo si possa fare sempre alle stesse quotazioni iniziali, in quanto queste variano a seconda delle condizioni del mercato, per cui eventualmente si dovrebbero mettere in conto possibili perdite. Ma questo è normale, aggiungiamo, e vale per qualsiasi bene d’investimento.

Cina e giovani come opportunità

Haddad si mostra quasi una pasionaria dei diamanti, affermando che a suo avviso dovrebbe essere un bene “goduto e non semplicemente riposto dentro una cassetta di sicurezza”. E spiega che la Cina rappresenterebbe una grossa potenzialità per questo mercato, essendo “ghiotta” di diamanti. Contrariamente a diverse ricostruzioni di questi anni, secondo cui i giovani non sarebbero interessati come le passate generazioni, ritiene che così non sia e che semmai a cambiare sarebbe il numero medio di carati delle pietre vendute, visto che le condizioni socio-economiche nel tempo cambiano. Ad ogni modo, si mostra anche abbastanza sicura che nemmeno i diamanti in laboratorio scalfiranno mai quelli estratti dalle miniere, perché “chiunque spenda una certa cifra, pretende di possedere un bene vero e non creato in laboratorio”.

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Perché abbiamo deciso di intervistare l’esperta? Il mercato dei diamanti ha accusato negli ultimi mesi un duro colpo d’immagine nel nostro Paese, a causa di accadimenti che rischiano di mortificare il lavoro di chi, come la Haddad, ci mette da decenni passione, esperienza e conoscenza per offrire ai clienti finali un servizio certificato e di qualità.

Traspare una profonda nota di amarezza nella voce della donna, quando è costretta a difendere il settore da dubbi e insinuazioni che non hanno praticamente alcunché da vedere con i suoi operatori. La parola chiave del suo discorso è “licenza”, come per mettere in guardia tutti che per vendere le pietre preziose è necessario conoscerle ed essere autorizzati a farlo. E da quello che abbiamo capito nella vicenda che ha coinvolto le banche italiane, parecchi si erano improvvisati venditori di un bene che nemmeno conoscevano.

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