Giovedì scorso, la Commissione europea ha lanciato tra le righe l’allarme Italia. Lo ha fatto in occasione dell’aggiornamento delle stime macroeconomiche per il triennio in corso. E i numeri per il nostro Paese sono risultati tutti negativi. Anzitutto, la crescita attesa per l’anno prossimo scende dallo 0,7% allo 0,4% (dallo 0,1% di quest’anno) e per risalire solamente allo 0,7% tra due anni. Siamo fanalino di coda in Europa e l’aspetto più allarmante che emerge anche dal rapporto della Commissione è che non riusciamo ad uscire dalla “stagnazione”.

Bruxelles ci è andata leggera, perché a dire il vero l’Italia non ha un problema solo di stagnazione, quanto di ricchezza ancora da recuperare rispetto ai livelli pre-crisi del lontano 2007. A 12 anni di distanza, siamo l’unica economia insieme alla Grecia ad essere rimasti sotto, cioè a non avere superato gli effetti della crisi. Di questo passo, ci vorranno almeno altri 7-8 anni.

Crescita giù, deficit su. Salirà dal 2,2% atteso per quest’anno al 2,3% nel 2020 e al 2,7% nel 2021. Peggiori i numeri sul cosiddetto deficit strutturale, quello conteggiato al netto delle misure “una tantum” e del ciclo economico: era al 2,4% nel 2018, dovrebbe scendere al 2,2% quest’anno e dovrebbe risalire fino al 2,5% nel 2020. In altre parole, non solo non stiamo risanando i conti pubblici di quello 0,6% all’anno strutturale che ci viene chiesto dalla Commissione, ma anzi li stiamo peggiorando strutturalmente. E ciò si riversa negativamente anche sul rapporto debito/pil, che nel 2018 risulta essersi attestato al 134,8% (con l’inclusione degli interessi sui buoni fruttiferi postali e i debiti delle Ferrovie), mentre quest’anno salirebbe al 136,2%, nel 2020 al 136,8% e nel 2021 al 137,4%, quando toccherebbe l’apice.

Crescita zero, boom del debito

Curiose le affermazioni del commissario uscente agli Affari monetari, Pierre Moscovici: “quest’anno non abbiamo nemmeno lontanamente preso in considerazione l’idea di bocciare la manovra dell’Italia.

A differenza dell’anno scorso, c’è un governo dalle rassicuranti posizioni europeiste. Ma non ci sono due pesi e due misure”. Sulla disparità di trattamento dell’Italia “giallo-verde” rispetto a quella “giallo-rossa” sarebbe bene tacere. I numeri degli stessi commissari dimostrano che paradossalmente nel 2018 sia stata bocciata una manovra che, pur di poco, avrebbe ridotto il deficit nominale e strutturale, mentre quest’anno se ne avalla una, che innalzerebbe entrambi.

Ecco perché il debito pubblico dell’Italia con questi numeri ci condanna all’austerità

La nota dolente, comunque, appare un’altra: l’Italia non cresce più e da troppi anni. A causa di ciò non riesce a fare di meglio sui conti pubblici, perché ha raschiato il fondo del barile con le misure estemporanee e una tantum, avendo adesso bisogno di serie riforme a lungo termine per contenere la spesa pubblica e rilanciare la crescita. I mercati hanno notato questo “gap” tra stato dell’arte e necessità per l’Italia, arrivando a scaraventare il nostro debito pubblico sotto quello della Grecia per affidabilità, com’è emerso sul piano dei rendimenti nelle ultime sedute. E’ davvero pericolosa la china che l’Italia ha preso sui suoi fondamentali. E’ diventato ormai velleitario ambire persino a crescere dell’1% e, complice l’inflazione nei pressi di zero, il rapporto debito/pil non accenna più a diminuire.

Il debito pubblico italiano si avvia a 2.500 miliardi e rischia di crescere anche nel 2020

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