Nel mese di novembre, il debito pubblico italiano è sceso a 2.764,866 miliardi di euro, in calo di 5,9 miliardi rispetto ad ottobre. Lo ha reso noto oggi il Bollettino mensile della Banca d’Italia. Il miglioramento è stato dovuto essenzialmente alla riduzione delle disponibilità liquide del Tesoro per 8,53 miliardi a 54,1 miliardi. Infatti, il fabbisogno statale nel suo complesso è stato di appena 91 milioni di euro. Pertanto, lo stato ha potuto utilizzare parte delle sue scorte di liquidità accumulate nei mesi precedenti. Viceversa, le variazioni dei tassi di cambio, degli interessi e l’inflazione hanno inciso negativamente sullo stock per circa 2,5 miliardi.

Al netto delle variazioni della liquidità del Tesoro, il debito pubblico italiano nei primi undici mesi del 2022 risulta cresciuto di 80,16 miliardi. Si tratta di un aumento dal ritmo medio mensile di 7,30 miliardi, pari a 87,44 miliardi annualizzati. Lo stock continua a salire in misura preoccupante, sebbene i postumi della pandemia e la crisi energetica siano stati nei mesi passati le cause principali di tale crescita. Ma Bankitalia qualche buona notizia la porta. Anzitutto, la vita media del debito pubblico sale un altro po’ da 7,7 a 7,8 anni. Quisquilie.

Finita fuga dei capitali stranieri

In verità, il dato realmente positivo ha a che fare con gli investitori stranieri e si riferisce ad ottobre. Quel mese, risultavano in possesso di 746,24 miliardi di euro di debito pubblico, il 26,9% del totale. Pur percentualmente in calo dal 27,2% di settembre, la variazione in valore assoluto è stata quasi impercettibile. L’apice fu raggiunto nell’agosto del 2021 con 831,374 miliardi, pari al 30,4% del PIL. Da allora, il calo risulta ancora essere superiore a 85 miliardi.

In effetti, nel mese di ottobre era partito quel rally obbligazionario interrottosi bruscamente a metà di dicembre e ripreso apparentemente a gennaio. La nascita del governo Meloni e i suoi primi passi nella gestione dei conti pubblici avrebbero riportato capitali dall’estero, anche sulla previsione di una politica monetaria della Banca Centrale Europea (BCE) meno restrittiva per i mesi seguenti.

E sempre a novembre, i titoli di stato italiani in mano a Bankitalia sono diminuiti di 3,2 miliardi a 715,9 miliardi. L’apice era stato toccato a luglio con oltre 717 miliardi.

Debito pubblico, stop sostegno BCE

Quest’ultimo dato ci conferma che la BCE sta vendendo titoli del debito pubblico italiano nella sua opera di avvio della riduzione del portafoglio obbligazionario. A dicembre, le vendite nette di BTp con il quantitative easing ammontavano a 2,14 miliardi. Per il PEPP abbiamo come ultimi dati disponibili quelli relativi al bimestre ottobre e novembre: -794 milioni. Ennesima conferma che per il momento la BCE non starebbe sostenendo sul mercato i nostri bond. E se da un lato ciò può indisporre, dall’altro segnalerebbe che il restringimento dello spread fin sotto 180 punti base a dicembre sarebbe la conseguenza di acquisti netti degli investitori privati e che la BCE riterrebbe la situazione sul mercato sovrano italiano sotto controllo.

Infine, le entrate complessive dello stato procedono a gonfie vele: 525,464 miliardi di euro nei primi undici mesi dell’anno, in crescita di 62,14 miliardi (+13,4%). Dunque, se il debito pubblico sale è perché la spesa pubblica lievita, in buona parte a causa dei due eventi straordinari di questi ultimi anni. Resta il fatto che entro un anno lo stock in scadenza da rifinanziare sfiora i 625 miliardi, tra un quinto e un quarto del totale. Di questo, circa 500 miliardi si ha in forma di titoli di stato, qualcosa come oltre un quarto del PIL. Numeri da fare tremare i polsi.

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