Il governo che sta per nascere in queste ore si troverà ad affrontare molteplici emergenze, tra cui il caro bollette. Ma in eredità riceverà anche cattive notizie sul fronte del debito pubblico italiano. Abbiamo pensato che la figura di Mario Draghi a Palazzo Chigi ne avrebbe risollevato l’appeal tra gli investitori stranieri. L’ex governatore della BCE e, a breve, anche ex premier è stato considerato una garanzia per la solidità fiscale dell’Italia. E, in effetti, non si trova un solo leader politico, una banca d’affari o un fondo che ne parli anche solo appena negativamente.

Eppure, i dati dimostrano che il deterioramento del nostro debito pubblico ha proseguito imperterrito, Draghi o non Draghi.

Su debito pubblico cresce rischio sovrano percepito

Nel luglio del 2021 gli investitori stranieri possedevano 744 miliardi di euro di titoli di stato tricolori. Nel luglio scorso, ne possedevano ancora per meno di 654 miliardi. In dodici mesi, avevano svuotato i loro portafogli di BTp per oltre 90 miliardi. La quota detenuta sul totale dei titoli di stato in circolazione è scesa dal 32,6% al 28,4% in un anno. Dunque, mentre la massa dei titoli aumentava, pur di appena 15 miliardi di euro, la percentuale nelle mani degli investitori stranieri scendeva drasticamente.

E’ accaduto, infatti, che proprio nell’ultimo anno il rischio sovrano percepito sia aumentato. I CDS a 5 anni sono quasi raddoppiati dai 75 punti base dell’ottobre 2021 ai 144 di questa settimana. Si tratta di titoli che proteggono dal rischio default. Quando diventano più costosi, significa che sono più ricercati, cioè che un maggior numero di investitori teme per la sorte dei titoli acquistati.

E, infatti, se alla fine del luglio 2021 il BTp a 10 anni rendeva lo 0,55%, un anno dopo stava al 3,15%. Negli ultimi giorni, poi, si è portato sopra 4,80%. Nel frattempo, lo spread con i Bund decennali saliva da 105 a 235 punti base.

Questo significa che, al netto delle variazioni seguite all’aumento globale dei tassi di mercato, i rendimenti italiani sono diventati relativamente più alti dell’1,30%. Anziché al 3,15%, il decennale sarebbe dovuto attestarsi all’1,85%, a parità di rischio sovrano percepito.

Investitori stranieri guidati dai fatti

Ripetiamo, tutto questo è accaduto con il governo Draghi. E’ il segno che gli investitori stranieri guardano ai fatti concreti e non si lasciano trasportare dall’estrema politicizzazione che in Italia si fa dei temi fiscali. Il debito pubblico cresce e il PIL, dopo il rimbalzo oltre le previsioni post-pandemico, tende a crescere molto lentamente. Questo è un mix indesiderato per chi acquista titoli di stato. Tra l’altro, mentre fino al giugno scorso ci pensava la BCE a sostenere la domanda grazie al “quantitative easing” (QE), adesso è venuto meno anche quell’ombrello. Un’altra garanzia che va via per gli investitori stranieri, e non solo.

E a breve potrebbero essere cessati persino i reinvestimenti effettuati con il QE. La tensione sui mercati è tale, che nelle settimane scorse abbiamo assistito a un attacco speculativo persino contro sterlina e Gilt, i titoli di stato britannici. La premier Liz Truss ha dovuto dimettersi dopo neppure un mese e mezzo dall’insediamento, a conferma che gli investitori non guardano in faccia a nessuno. Se hanno paura per una politica fiscale giudicata spericolata, lo dicono apertamente fuggendo dai bond. Un messaggio limpido che il nuovo governo italiano ha già recepito prima ancora di nascere.

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