Ennesimo record storico per il debito pubblico italiano, che nel mese di maggio è salito a 2.816,7 miliardi di euro, segnando un aumento mensile di 4,8 miliardi. A fronte di un fabbisogno dello stato di 15,64 miliardi e di un aumento per altri 1,7 miliardi determinati da premi e scarti di emissione, rivalutazione dei titoli di stato indicizzati all’inflazione e alla variazione dei tassi di cambio, le disponibilità liquide del Tesoro sono diminuite di 12,73 miliardi a 27,58 miliardi. Significa che lo stato ha perlopiù coperto il deficit mensile (eccesso di spesa pubblica sulle entrate) ricorrendo alle scorte di liquidità accumulate.

Tuttavia, il valore di queste ultime appare sceso a livelli molto bassi e tali da poter provocare criticità nella gestione delle finanze per i prossimi mesi.

Tutto ciò ci spinge a ritenere che il debito pubblico segnerà sempre nuovi record entro l’anno in corso. E lo confermano le cifre contenute nel Documento di economia e finanza (DEF), secondo cui esso varrà a dicembre il 142% del PIL, il quale sfiorerà i 2.020 miliardi di euro in termini nominali. Ne consegue che lo stock è atteso lievitare fino a più di 2.868 miliardi di euro. Rispetto al dato di maggio, vi sarebbero margini per crescere di altri 50 miliardi abbondanti senza infrangere le previsioni ufficiali. In rapporto al PIL, poi, risulterebbe comunque in calo dal 144,4% del 2022.

Rischi da rate Pnrr

Ciò non implica che i numeri in sé siano tranquillizzanti. Su base annua, escludendo le scorte di liquidità il debito pubblico a maggio risulta salito già di 113 miliardi e di 75,64 miliardi già quest’anno. Il ritmo di crescita è ancora troppo alto, risente del mancato ritorno alla normalità dopo il periodo nefasto della pandemia. Altra questione rilevante riguarda il Pnrr. La terza rata tarda ad arrivare e c’è il rischio che i 18,6 miliardi attesi il governo li incasserà a settembre. Ed esistono già ritardi per quanto concerne la quarta rata.

Sui 27 obiettivi annessi, il governo italiano ne ha modificati 10 e sul punto dovrà esprimersi la Commissione. Non è improbabile che l’incasso slitti all’anno prossimo.

Sul punto bisogna essere franchi. I ritardi dell’Italia esistono, ma non in assoluto. Solo la Spagna ha fatto meglio di noi, riuscendo già ad incassare la terza rata. Tutti gli altri stati dell’Unione Europea sono nelle nostre condizioni o peggio. La Germania, sebbene di certo non ne abbia granché bisogno, deve ancora ricevere la prima rata. Il guaio è che abbiamo impostato i conti pubblici, le previsioni macro e le emissioni di titoli del debito pubblico, scontando una celerità nell’esecuzione del programma a dir poco inverosimile. E questo porterà il Tesoro con ogni probabilità a dover aumentare le emissioni di BTp nei prossimi mesi per sopperire ai ritardi sulle rate del Pnrr rispetto alle attese. L’entità del debito pubblico in sé non varierebbe, ma il mercato sovrano andrebbe sotto pressione a causa delle già abbondanti emissioni programmate (circa 500 miliardi di euro) e delle condizioni sempre più restrittive sui mercati.

Debito pubblico, tornano investitori stranieri e famiglie

Ma ci sono altre ragioni per mostrare un briciolo di ottimismo. Nel mese di aprile, quando il debito pubblico crebbe di ben 22,15 miliardi, le famiglie italiane hanno acquistato BTp per altri 7,2 miliardi. Allo stesso tempo, gli investitori stranieri hanno impiegato altri 16,9 miliardi dei loro capitali, di cui 15,75 miliardi in forma di BTp (massimi da ottobre 2022). Questo spiega perché lo spread, anziché salire, sia sceso negli ultimi mesi. Il mercato è attirato dagli alti rendimenti offerti dal nostro debito pubblico. Particolarmente importante è la crescita delle detenzioni tra le famiglie italiane: +47,32 miliardi nei soli primi quattro mesi dell’anno e +103,8 miliardi dalla fine del 2021, cioè nel periodo di aumento dei tassi di interesse.

Questo dato è destinato a salire e anche di molto. A giugno, ad esempio, la sola emissione del BTp Valore ha attirato oltre 18 miliardi di euro di risparmi dal retail. La quota di BTp detenuta dalle famiglie è salita all’8,8% di aprile dal 5,3% di fine 2021. L’ipotesi che già entro l’anno possa sfondare la doppia cifra è fondata, specie se vi saranno altre emissioni retail del Tesoro in autunno, proprio per massimizzare la raccolta in una fase complicata.

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