L’Argentina ha sborsato in settimana 1,885 miliardi di dollari a favore del Fondo Monetario Internazionale (FMI) e nel bel mezzo di una grave crisi diventata anche politica, oltre che economica, finanziaria e sociale. Si è trattato del primo pagamento relativo ai 44 miliardi presi in prestito dall’istituto nel 2018 su stanziamenti complessivi per 57 miliardi.

Il rispetto della scadenza non era scontato, anche perché la tensione politica a Buenos Aires è palpabile. Alle elezioni primarie di un paio di domeniche fa, la coalizione peronista di centro-sinistra ha subito una grave sconfitta, perdendo in 17 dei 24 distretti.

In vista delle elezioni vere e proprie del 14 novembre prossimo, diversi ministri si sono dimessi e il presidente Alberto Fernandez è stato costretto al rimpasto.

In palio vi saranno un terzo dei seggi al Senato e la metà di quelli alla Camera. A due anni dal ritorno al potere, i peronisti rischiano di perdere il controllo del Congresso. Reagendo alla sconfitta elettorale, la ex presidenta e numero due del governo, nonché a capo del Senato, Cristina Fernandez de Kirchner, ha scritto una lettera al presidente per esprimergli disappunto circa la presunta carente spesa pubblica. “Fossi in Lei, mi siederei con il ministro dell’Economia e guarderei ai numeri del bilancio”.

Crisi argentina, scontro con FMI e default permanente

Martin Guzman, tuttavia, non è stato esautorato dalla carica, essendo divenuto un riferimento per mercati e comunità internazionale. Da qui alla fine dell’anno, l’Argentina dovrà pagare altri 400 milioni in interessi sul debito e 1,88 miliardi di capitale. Sempre che per allora non arrivi un accordo con l’FMI, al momento lontano. Parlando alle Nazioni Unite, Fernandez ha definito il debito argentino verso l’istituto “tossico e irresponsabile”, oltre che “del tutto fuori dalla logica”.

Il pagamento di questo mercoledì è avvenuto grazie ai fondi messi a disposizione dallo stesso FMI con l’aumento dei Diritti Speciali di Prelievo per 650 miliardi di dollari complessivi, di cui 4,3 miliardi a favore di Buenos Aires.

Senza un accordo sulla ristrutturazione dei debiti, il governo argentino dovrà pagare all’FMI altri 19 miliardi nel 2022. Una cifra a cui difficilmente il paese latinoamericano potrebbe ottemperare, date le scarse riserve valutarie possedute, scese a 43,2 miliardi dopo l’esborso di questa settimana.

L’Argentina è reduce di una ristrutturazione sovrana – la nona della sua storia – avvenuta nel 2020 su bond per circa 60 miliardi di dollari. La provincia di Buenos Aires, invece, ha trovato finalmente un accordo con gli obbligazionisti solamente qualche settimana fa. Ma lo spettro di un decimo default resta in agguato, date le condizioni economiche disperate e aggravate dal Covid. L’inflazione viaggia sopra il 50%, la disoccupazione sopra il 10%, mentre il cambio contro il dollaro sul mercato nero risulta quasi dimezzato rispetto a quello ufficiale. Solo nell’ultimo anno, perde il 22%. In cinque anni, il bilancio supera il -90%.

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