Cosa c’entra Nigel Farage con le banche? Il leader dell’ex Ukip, oggi Reform UK, si spese politicamente per molti anni a favore della Brexit e clamorosamente vinse la battaglia della vita al referendum del 23 giugno 2016. La maggioranza degli elettori britannici votò per uscire dall’Unione Europea. Negli ultimi tempi, abbiamo sentito parlare meno di lui in Italia. Invece, resta uno dei personaggi pubblici più in vista e controversi nel Regno Unito. Questa estate è tornato alla ribalta delle cronache in tutto il mondo, ma per una vicenda che non ha a che fare direttamente con la politica.

Riguarda, invece, i suoi soldi in banca. Il caso ha scoperchiato il vaso di Pandora di un fenomeno sino ad allora ignorato dai media e dalle autorità finanziarie, noto come “debanking”.

Idee personali per chiudere conto corrente

A luglio, Farage aveva lamentato la chiusura senza motivo del suo conto corrente da parte di Coutts Bank, un antico istituto britannico controllato dallo stato attraverso l’ex Royal Bank of Scotland, che oggi si chiama NatWest dopo il salvataggio del 2008. Il governo possiede una quota del 39% nell’istituto. Per tutta risposta Allison Rose, CEO proprio di NatWest, dichiarò ad un giornalista della Bbc che la chiusura fosse conseguenza della discesa di Farage sotto i requisiti patrimoniali minimi pari a 1 milione di sterline. Farage nel frattempo chiedeva e otteneva la documentazione relativa al suo caso. Gli vengono spedite 40 pagine di comunicazioni interne alla banca, nelle quali il suo nome è fatto oggetto di insulti innumerevoli volte. I dirigenti lo definiscono “transfobico”, “razzista”, “utile idiota di Putin”, “causa di violenze per immigrati”, “uno che imbroglia gli elettori”, ecc.

Queste sarebbero state le motivazioni a fondamento della chiusura del suo conto corrente. Nulla a che vedere con ragioni economiche. Venuta allo scoperto la vera causa, Rose si dimetteva per avere svelato in pubblico dettagli patrimoniali di un proprio cliente.

L’ormai ex capo di NatWest si scusava e ammetteva la necessità di maggiori controlli a tutela dei clienti. E veniamo al “debanking”. Il caso Farage sarebbe tutto, fuorché isolato nel Regno Unito. Financial Conduct Authority ha svelato che nel biennio 2016/2017 risultano essere stati chiusi più di 45.000 conti correnti senza apparente motivazione. Il dato è salito a 343.000 nel biennio 2021/2022, circa 1.000 per ogni giorno lavorativo.

Soldi in banca non così sicuri

Tutti i leader politici hanno solidarizzato con Farage. Se il cancelliere dello Scacchiere, Jeremy Hunt, ha chiesto all’authority di fare luce sul fenomeno, il leader laburista Keir Starmer ha dichiarato che “nessuno dovrebbe vedersi chiuso il conto in banca per ragioni politiche”. Il “debanking” è adesso denunciato da numerose personalità legate al mondo politico e dell’associazionismo di ogni colore. Le banche di Sua Maestà chiuderebbero da un giorno all’altro senza motivi validi i conti correnti di clienti che ritengono non in linea con le proprie vedute su un singolo tema o in generale.

Si tratta di un fenomeno gravissimo. Sarebbe come se, entrando in un bar, il titolare ci mandasse via perché siamo di destra o di sinistra o ambientalisti o difensori dei diritti civili o conservatori, ecc. Il “debanking” è tanto più grave se pensiamo che la tendenza mondiale di questi anni consiste nell’uso crescente dei pagamenti digitali a discapito del denaro contante. Ciò significa che le banche stanno assumendo un potere sempre più pregnante nelle nostre vite, tanto che se ci chiudessero il conto corrente non saremmo quasi più in grado neppure di uscire di casa. Non avremmo modo di percepire lo stipendio o la pensione, di fare la spesa, di viaggiare, ecc.

Debanking svela rischi da strapotere banche

Il comportamento delle banche britanniche è gravissimo e in nessun modo difendibile.

Perché mai il cliente deve conformarsi alle vedute dell’istituto di credito in cui ha il conto? C’è il forte rischio che un gruppo molto ristretto di soggetti assuma un potere di ricatto tale da impedire la libera circolazione delle idee e l’espressione del proprio pensiero. Pensiamo anche ai social. Account chiusi o sospesi spesso per ragioni assai dubbie, volte a strizzare l’occhio a questo o quel governo, a questa o quella parte dell’opinione pubblica.

Non sappiamo se il “debanking” sia un fenomeno relegato al Regno Unito. Non possediamo numeri e informazioni in merito sull’Italia. Nessuno può escludere che possa accadere in futuro, specie quando la quota dei pagamenti in contante dovesse scendere a livelli molto bassi. A quel punto, le banche si sentirebbero nelle condizioni di poter fare il bello e il cattivo tempo con i clienti. Per questo serve garantire sempre al cittadino un’alternativa allo strapotere di un soggetto economico e finanziario. Non è un caso che l’Austria stia discutendo in queste settimane se rendere il contante diritto costituzionale.

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