Se anche il ministro della Difesa ha attaccato frontalmente la BCE sulla decisione di alzare nuovamente i tassi d’interesse nell’Eurozona, significa che qualcosa non va. Guido Crosetto è uno degli uomini più preparati del centro-destra al governo, specie sui dossier economici. Dopo l’ultimo board di Francoforte di giovedì scorso, ha tuonato contro la stretta monetaria. Egli sostiene che sia una follia aumentare il costo del denaro per combattere un’inflazione alimentata da fattori esterni e non, come negli Stati Uniti, dalla domanda interna.

Più pesante il commento del vice-premier Matteo Salvini, che ha definito “sconcertante” la decisione adottata da Christine Lagarde. Parole in libertà quelle del numero due del governo Meloni, da sempre incapace di darsi un profilo istituzionale.

Le critiche al rialzo dei tassi BCE sono legittime, per carità. Il punto è che, se arrivano da un governo dell’Area Euro, diventano inopportune e si trasformano in un potenziale boomerang. Credete per caso che Lagarde o chicchessia del board a gennaio si rimangino l’annuncio di dicembre per piegarsi alle posizioni dell’Italia? Non accadrà. E se mai accadesse, l’istituto perderebbe ogni credibilità. E senza credibilità una banca centrale è perduta. Dovrebbe fare di più per centrare l’obiettivo della stabilità dei prezzi, vale a dire infliggere più dolore a famiglie e imprese.

C’è già il rischio che la narrazione nelle prossime settimane resti molto da “falco” a Francoforte dopo gli attacchi subiti dall’Italia. E ciò per il semplice motivo che la BCE non può farsi vedere dipendente dai desiderata di questo o quel governo. Chi capisce un po’ di politica monetaria, poi, sa che siamo nell’ambito di una recita a soggetto. Lagarde è stata costretta a fare la dura sui tassi BCE per convincere i mercati che l’inflazione sarà combattuta strenuamente. In questo modo, spera di mantenere ancorate le aspettative d’inflazione per il medio e lungo periodo al target del 2%.

Rialzo tassi BCE necessario contro inflazione

A fine dicembre, quando saranno resi noti i dati sull’inflazione nell’Eurozona per l’ultimo mese dell’anno, nel caso di un ulteriore calo marcato, la retorica dell’Eurotower diverrebbe un po’ meno “hawkish”. Bisogna pazientare. Dopo tutto, l’Italia non ha neppure aste di titoli di stato per le prossime settimane, per cui l’effetto annuncio sui tassi BCE non sarà percettibile sui costi per il Tesoro da qui agli inizi di gennaio. E anche due settimane sono un’eternità per i mercati finanziari.

Dopodiché, l’Italia deve mettersi in testa che l’unico obiettivo che la BCE è tenuta a perseguire è di mantenere i prezzi al consumo stabili. La crescita economica non fa parte del suo menù. Essa spetta ai governi e alle politiche della Commissione europea. Una distinzione dei ruoli necessaria per evitare scenari venezuelani o turchi. Dobbiamo solo pretendere che la BCE svolga al meglio il suo mandato, cosa che non è avvenuta, visto che ha prima ignorato e poi ignorato l’alta inflazione nell’unione monetaria.

La teoria di Crosetto, secondo cui il rialzo dei tassi BCE non serva a combattere l’inflazione “esterna”, ha basi fragili. L’eccesso di liquidità sui mercati ha reso possibile l’esplosione dei prezzi al consumo. E questo eccesso è stato determinato proprio dalla politica monetaria ultra-espansiva degli anni passati. E’ senz’altro vero che tassi BCE più alti colpiscono il debito pubblico italiano. Ma ciò è dovuto alla cattiva percezione che gli investitori hanno di esso, a sua volta conseguenza della bassa crescita del PIL. Occupiamoci di questa, a Roma come a Bruxelles. E lasciamo che Francoforte faccia il suo lavoro, altrimenti ci ritroveremmo con due problemi al posto di uno: il debito e pure l’inflazione.

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