Brutti tempi per i coltivatori dei semi di cacao, che stanno subendo i contraccolpi di una congiuntura internazionale sfavorevole per i prezzi. In un solo anno, le quotazioni in dollari della materia prima sono precipitate del 30% a 1.975 dollari, segnando un crollo del 40% rispetto all’estate di due anni fa, scendendo ai livelli minimi da 10 anni a questa parte. Costa d’Avorio e Ghana producono il 60% del cacao di tutto il mondo, per cui le conseguenze per le due economie dell’Africa occidentale appaiono abbastanza serie, tanto che ieri il premier ivoriano Amadou Gon Goulibaly ha lanciato l’allarme sugli effetti della Brexit per il suo paese.

Cosa c’entra l’uscita del Regno Unito dalla UE?

Da quando Londra ha celebrato il referendum sul divorzio da Bruxelles, la sterlina ha ceduto il 13-14% contro l’euro. Senonché, il cacao è rimasto tra le poche materie prime quotate in sterline, mentre Abidjan è legato all’euro da un tasso di cambio fisso, avendo adottato il franco CFA. Pertanto, il paese sta esportando in una valuta che tende a indebolirsi contro la propria, quando già le quotazioni del cacao stanno scendendo per conto loro. (Leggi anche: Prezzi cacao ai minimi dal 2007)

Contrabbando di cacao tra Ghana e Costa d’Avorio

Ad aggravare il quadro c’è il complesso meccanismo di pagamento degli agricoltori, che nelle due economie avviene tramite la fissazione dei prezzi prima di ogni stagione per il raccolto da parte di apposite autorità nazionali, di modo di stabilizzare i ricavi del settore e non esporre gli agricoltori alla volatilità delle quotazioni. Il sistema ha retto bene fino allo scorso anno, ma con prezzi calanti sta mostrando i suoi limiti. Ora, il board ivoriano ha fissato per la stagione 2017-’18 un prezzo pari a 80 dollari a sacco (da 64 kg), mentre quello del Ghana lo sta tenendo alto a 107 dollari.

In sostanza, il Ghana compra dai propri agricoltori a premio del 33% sul cacao ivoriano. Essendo i due stati confinanti, starebbe fiorendo un vivace mercato nero, stimato dal board ivoriano in 70.000 tonnellate, pari al 7% della produzione annua ghanese. In sostanza, conviene agli agricoltori ivoriani portare il proprio raccolto nel Ghana, vendendo agli agricoltori locali, i quali a loro volta lo rivenderanno al loro board.

In questo modo, tutti sembrano guadagnarci: i coltivatori ivoriani, che possono spuntare un prezzo fino a un terzo più alto di quello altrimenti pagato loro in patria; i coltivatori ghanesi, che acquistando dai primi a prezzi inferiori a quelli a cui rivenderanno alle autorità nazionali, potranno maturare un margine e aumentare così i guadagni. In teoria, perché da mesi il board ghanese salta i pagamenti, avendo difficoltà finanziarie. Alle attuali quotazioni internazionali, infatti, l’authority vende a meno di 2.000 dollari ciò che acquista per quasi 1.700. I margini sono stretti, ma il presidente Nana Akufo-Addo ha vinto nel dicembre scorso le elezioni promettendo di alzare i prezzi praticati agli agricoltori, quando il mercato va nella direzione opposta. La politica deve anche fare i conti con il -16% accusato dal cedi contro l’euro nell’ultimo anno, che ha aumentato i costi dei beni importati dagli agricoltori, fertilizzanti compresi.

La produzione stimata per la stagione 2017-’18 in Costa d’Avorio è all’incirca di 2 milioni di tonnellate, che farebbero introitare così al paese qualcosa come 3,9 miliardi di dollari, circa il 10% del pil, tre volte il peso che la produzione di cacao assume nel vicino Ghana. Si capisce meglio da queste cifre come quella del cacao non sia la crisi di una materia prima, bensì di due tra le più promettenti economie africane, che rischiano tensioni interne per la scarsa diversificazione sinora perseguita. (Leggi anche: L’oscuro segreto del cioccolato: scandalo colpisce Ferrero, Lindt)