Ci sono state buone notizie dalla pubblicazione dell’ISTAT circa la crescita dell’economia italiana nel terzo trimestre. Il nostro PIL ha segnato un aumento congiunturale del 2,6% e su base annua del 3,8%. Gli analisti avevano stimato una crescita del 2,1% sul trimestre precedente. Grazie a questi numeri, la crescita acquisita per quest’anno è del 6,1%. Questo sarebbe il dato dell’intero 2021, nel caso in cui il PIL restasse fermo nel quarto trimestre rispetto al precedente.

Il governo aveva nelle scorse settimane migliorato le proprie previsioni da +4,5% a +6%.

A quanto pare, potrebbe rivedere al rialzo le stime di crescita dell’Italia, un fatto che è certamente positivo per la nostra economia. Non siamo tornati ancora ai livelli pre-Covid. Se il PIL risalisse nel 2021 del 6,1%, resterebbe del 3,3% più basso in termini reali rispetto al 2019. Ad ogni modo, il rimbalzo sta procedendo spedito. Al contrario, i dati della Germania hanno deluso: +1,8% contro attese per +2,2%.

Come nasce il “tesoretto” grazie alla super crescita dell’Italia

L’impatto della maggiore crescita sui conti pubblici sarebbe benefico. Anche perché il governo Draghi con ogni probabilità starebbe sottostimando anche e, soprattutto, il tasso d’inflazione per l’anno corrente. Lo prevede all’1,5%, ma a settembre era salita già al 2,5% e il dato acquisito è per i primi nove mesi dell’anno dell’1,7%. Ma nel frattempo, nell’Eurozona ad ottobre si è impennato dal 3,4% al 4,1%. Tra caro bollette e rincari generalizzati, probabile che anche l’Italia registrerà un’ulteriore accelerazione. Sarebbe un male per i consumatori, ma un bene per i conti pubblici come vi spiegheremo.

Il PIL nominale atteso per il 2021 dal governo è di 1.779,3 miliardi, frutto di un +6% del PIL reale e di un’inflazione all’1,5%. Se, invece, prendessimo in considerazione i dati acquisiti, rispettivamente del +6,1% e +1,7%, già il PIL nominale salirebbe al 31 dicembre a 1.782,6 miliardi. Quei 3,3 miliardi in più rispetto alle previsioni esiterebbero un miglioramento dei conti pubblici nell’ordine di 1,4 miliardi, considerando una pressione fiscale al 42%.

Ma non è detto che la crescita dell’Italia si fermi al 6,1%, né che l’inflazione resti all’1,7%. Spingendoci a immaginare una crescita del 6,2% e un’inflazione al 2%, il PIL nominale salirebbe sopra 1.789 miliardi. Con questi numeri, i conti pubblici migliorerebbero di 4 miliardi. E il rapporto deficit/PIL scenderebbe dal 9,4% tendenziale al 9,2%. Insomma, ci ritroveremmo un “tesoretto” che il governo Draghi impiegherebbe verosimilmente per accelerare la riduzione del grado di indebitamento. In alternativa, salterebbero fuori risorse da destinare alla crescita (più investimenti?) o al sostegno alle famiglie e alle imprese (più sussidi/aiuti).

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