E c’è anche Carlo Cottarelli a dare l’addio al Partito Democratico dopo la vittoria di Elly Schlein. Il tecnico incaricato nel 2018 dal presidente Sergio Mattarella a formare il nuovo governo – e che gettò la spugna per passare la palla a Giuseppe Conte – era arrivato in Parlamento meno di sette mesi fa dopo le elezioni politiche del 26 settembre. Aveva ottenuto un seggio al Senato, che adesso ha deciso di lasciare per tornare alla sua carriera accademica. In particolare, ha dichiarato alla trasmissione Che Tempo Che Fa di Fabio Fazio su Rai Tre che guiderà un progetto di scienze economiche e sociali all’Università Cattolica.

Il Prof aveva sostenuto Stefano Bonaccini nella corsa per la segreteria e non ha nascosto il suo disagio per il nuovo corso di Schlein. Questo Partito Democratico si sarebbe spostato troppo a sinistra per la sua formazione culturale. Nel 2013, fu nominato dall’allora premier Enrico Letta commissario alla Spending Review. Avrebbe dovuto coadiuvare l’esecutivo nell’individuare le voci di spesa da tagliare, i famosi “sprechi” della Pubblica Amministrazione. La rottura avvenne con il successore Matteo Renzi a Palazzo Chigi. Preso atto della ormai irrilevanza del suo lavoro, decise anche allora di dimettersi.

Partito Democratico sempre più “rosso”

Possiamo affermare che Cottarelli non abbia avuto fortuna nel Partito Democratico, sebbene lo abbia considerato un suo riferimento politico contro il presunto  “populismo” della destra. Sta di fatto che il suo addio non sposterà chissà quali consensi, ma è un forte segnale del clima di insofferenza che la minoranza più moderata nutre in questi primi mesi di corso schleiniano. Già Enrico Borghi ha annunciato di passare con Italia Viva in Parlamento, mentre l’eurodeputata Caterina Chinnici ha aderito, addirittura, a Forza Italia.

Quale sarebbe il problema con Schlein? La segretaria sta smantellando non soltanto la classe dirigente al Nazareno, ma anche l’impostazione politica e programmatica perseguita sinora dal Partito Democratico.

Lo fa legittimamente, intendiamoci. Ha vinto le primarie contro ogni pronostico e cerca di spostare a sinistra l’asse del partito. Il fatto è che risulta essere estranea persino alla cultura di sinistra degli ex PCI, tra cui lo stesso Bonaccini battuto a febbraio e personalità come Pierluigi Bersani. La linea del Nazareno è diventata protestataria, molto simile a quella del Movimento 5 Stelle.

Non solo sui diritti civili è stata annichilita qualsivoglia opposizione interna, ma anche sull’economia la linea è cambiata radicalmente. Se già Letta in campagna elettorale aveva “rottamato” il Jobs Act del governo Renzi, adesso Schlein completa l’opera sposando la politica della CGIL e tagliando i ponti con Confindustria e il mondo del lavoro autonomo. Sulle pensioni, ad esempio, come potrebbe rinnegare l’operato di un decennio di governi di centro-sinistra? Eppure non sembra che la neo-segretaria sia granché propensa a difendere la legge Fornero, su cui i dem hanno costruito la loro fisionomia di “partito responsabile”.

Cottarelli spia di malessere contro Schlein

Qualcuno dirà che, oltre che legittimo, si tratti di un’operazione comprensibile, dati i magri risultati elettorali incassati dal Partito Democratico seguendo una linea più centrista. Il fatto è che senza di essa, il Nazareno perderebbe tutto ciò su cui ha impostato la sua sopravvivenza nei decenni passati: i legami con i poteri industriali e finanziari da un lato e il presidio alle istituzioni repubblicane dall’altro.

Solo il tempo ci dirà dove Schlein porterà i suoi. Potrà galvanizzare l’elettorato più di sinistra, che in gran parte rimane a casa ormai da tempo e ha smesso più che a destra di andare a votare. Tuttavia, risulta difficile costruire un’alternativa di governo facendo asse con Maurizio Landini e ignorando l’ala centrista interna. Il rischio consiste nel recuperare anche qualche consenso attraverso il movimentismo, ma facendo terra bruciata attorno.

Se l’obiettivo della prima segretaria donna del Nazareno è di allearsi solo con i 5 Stelle di Conte, a cui peraltro fa il verso e rubacchia consensi, l’addio di Cottarelli sarà seguito da tanti altri eccellenti. Esso segnala la perdita di un mondo di riferimento, che ha dato più di una mano al Partito Democratico nello scrollarsi di dosso l’etichetta di erede dei comunisti. Il ceto medio non sarebbe probabilmente disposto a dare fiducia ad uno schieramento radicale di sinistra. E senza ceto medio in Italia non si vincono le elezioni.

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