Rispetto all’apice toccato dopo l’invasione russa dell’Ucraina, il prezzo del petrolio ha fatto visibilmente marcia indietro. A metà settimana, un barile di Brent si acquistava per meno di 95 dollari e uno di WTI sotto 90 dollari. Resta il fatto che il greggio continui ad essere caro. E proprio questo martedì si è diffusa l’indiscrezione per la quale l’amministrazione Biden ipotizzerebbe l’acquisto di greggio per rimpinguare le Riserve Strategiche di Petrolio al raggiungimento degli 80 dollari al barile.

In effetti, a marzo il presidente americano ordinò la vendita di ben 180 milioni di barili per indebolire il prezzo del petrolio sui mercati internazionali. A conti fatti, l’operazione non è servita granché. Il livello delle riserve, però, è sceso di 150 milioni di barili quest’anno, ai livelli più bassi dal 1984, vale a dire a circa 442 milioni.

“Floor” a 80 dollari al barile

Alla notizia pubblicata da Bloomberg, le quotazioni del WTI sono rimbalzate di ben 3 dollari. In effetti, il presunto ordine di acquisto di Joe Biden fungerebbe come una sorta di “floor” per le quotazioni petrolifere. In altre parole, se queste scendessero a 80 dollari, il governo americano sosterrebbe il mercato entrandovi con acquisti rilevanti.

Sempre Bloomberg ricorda l’incoerenza dei democratici, i quali fecero ostruzionismo nel 2020 quando l’allora presidente Donald Trump annunciò gli acquisti di barili per aumentare le riserve strategiche a un prezzo del petrolio medio di 24 dollari. La spesa ipotizzata allora fu di 3 miliardi. I democratici accusarono la Casa Bianca di organizzare un “salvataggio” delle compagnie petrolifere. Allora, infatti, le quotazioni erano arrivate a scendere fin sottozero per il tracollo della domanda a seguito delle restrizioni anti-Covid ordinate dai governi di gran parte del mondo.

Ma mentre nel 2020 il sostegno al prezzo del petrolio garantiva posti di lavoro e business, adesso rischia di impedire una discesa nitida dell’inflazione nel mondo.

Il caro petrolio contribuisce in misura determinante alla corsa dei prezzi al consumo, così come i rincari del gas, specie in Europa. Sembra assurdo che l’amministrazione Biden abbia peccato di tale ingenuità. Perché avrebbe fatto trapelare una notizia che va nella direzione di “surriscaldare” le quotazioni internazionali, quando avrebbe essa stessa per prima bisogno del contrario prima delle elezioni di metà mandato di novembre?

Prezzo del petrolio sostenuto dall’OPEC

La Casa Bianca sembra in preda alla confusione in materia di energia. Ha perso un alleato storico prezioso come l’Arabia Saudita, a capo dell’OPEC. Il cartello ha annunciato nei giorni scorsi un taglio dell’offerta di 100.000 barili al giorno a partire da ottobre. Non cambierà granché per i fondamentali del mercato, ma si è trattato di un segnale devastante per quanti speravano ancora in una collaborazione dei paesi esportatori per riportare il prezzo del petrolio a livelli più consoni alle condizioni macro internazionali.

Rispetto al periodo immediatamente precedente alla pandemia, le riserve strategiche degli USA risultano inferiori di quasi 200 milioni di barili. Ai livelli attuali, sarebbero sufficienti per poco più di 22 giorni. Erano 30 prima della guerra. D’altra parte, considerando la produzione domestica le riserve basterebbero per 54 giorni. In sostanza, gli USA riuscirebbero a smettere di importare greggio per quasi due mesi. Fatto sta che il ritorno agli acquisti a 80 dollari segnala al mercato che il prezzo del petrolio verosimilmente non scenderà sotto tale soglia. E non ci voleva proprio una tale indicazione.

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