Non si fa in tempo a dare conto dell’ultimo record segnato che ne arriva un altro per l’oro. Le quotazioni sono salite ieri sopra 2.210 dollari per un’oncia, registrando un balzo del 7% da inizio anno. Nei dodici mesi, una crescita del 13%. Il balzo di ieri segue le nuove indicazioni della Federal Reserve a proposito dei tassi di interesse. Nei suoi “dot plots”, la banca centrale americana continua a prevedere tre tagli dei tassi dello 0,25% ciascuno entro l’anno.

Le probabilità che il primo arrivi a giugno sono diventate nettamente maggioritarie sul mercato. Questo indebolisce il dollaro e fa scendere i rendimenti dei titoli di stato, alimentando la corsa dell’oro verso nuovi record.

Record per l’oro sul taglio dei tassi in Svizzera

Sempre ieri, la Banca Nazionale Svizzera precedeva tutti con l’annuncio del taglio dei tassi da 1,75% a 1,50%. Il franco svizzero si è indebolito ai minimi da nove mesi contro l’euro. Il segnale che arriva dalle banche centrali più grandi del pianeta sembra evidente: si va verso l’allentamento monetario globale. Un tonificante per il metallo, che è un asset senza cedola e, pertanto, tende ad apprezzarsi in un ambiente di rendimenti bassi.

Corsa all'oro delle banche centrali

Corsa all’oro delle banche centrali © Licenza Creative Commons

Banche centrali fanno incetta di lingotti

Ora che l’ennesimo record dell’oro è stato segnato, possiamo immaginare che la corsa si sia arrestata? In realtà, l’interesse verso questo asset resta elevato. Negli ultimi anni, le banche centrali stanno effettuando acquisti senza precedenti. La sola Banca Popolare Cinese ha comprato per 125 tonnellate, seguita dalla Polonia con 130 e Singapore con 76,51. La Cina nel suo complesso ha superato l’India come primo consumatore di oro al mondo, con 603 tonnellate di gioielleria (+10% sul 2022).

Non c’è solo il taglio dei tassi a prospettare nuovi record per l’oro.

La tensione geopolitica non era mai stata così alta dalla fine del secondo conflitto mondiale. Ci sono in corso due guerre alle porte dell’Europa: tra Russia e Ucraina e tra Israele e Hamas. Entrambe rischiano di avere contraccolpi pesanti per l’Occidente. E l’incertezza aumenta per via delle elezioni presidenziali di novembre negli Stati Uniti. Donald Trump e Joe Biden hanno un’idea profondamente differente di politica estera. Non sarà indifferente, dunque, la vittoria dell’uno o dell’altro per gli equilibri mondiali.

Economie emergenti in crisi

Economie emergenti in crisi © Licenza Creative Commons

L’affanno degli emergenti

E ci sono le economie emergenti. Diverse in profondo affanno per l’instabilità valutaria e l’alta inflazione. Quattro di queste sono di grandi dimensioni, per Pil e/o popolazione: Nigeria, Egitto, Argentina Turchia. Chi si recasse in questi giorni al Gran Bazar di Istanbul, noterebbe una certa concitazione tra quanti comprano dollari e oro per liberarsi della lira turca. Non vale quasi più nulla con un’inflazione al 67% e che, secondo gli analisti indipendenti, sarebbe ancora effettivamente sopra il 100%. Nel frattempo, l’Egitto ha svalutato la sua lira per la quarta volta in due anni e potrebbe non bastare. La Nigeria sta assistendo ad un collasso della naira travolgente per i redditi già bassissimi dei suoi cittadini.

E dall’altra parte del mondo, l’Argentina di Javier Milei punta a rimediare a decenni di politiche economiche disastrose dell’era peronista. Ma dovrà passare per un periodo da incubo tra inflazione alle stelle e svalutazione del cambio. La prima è esplosa al 276,2% nel mese di febbraio. Al mercato nero servono più di 1.000 pesos per un dollaro, più degli 853 necessari per il cambio ufficiale. E’ naturale che in economie siffatte vi sia una tendenza a comprare oro, oltre che dollari.

Il mondo annega nei debiti

Per non parlare dei debiti. Gli Stati Uniti ne accumulano per 1.000 miliardi di dollari ogni 100 giorni. Un ritmo insostenibile per il governo, ma sul quale non esiste alcun dibattito politico serio. Nell’Eurozona le cose sembrano andare un po’ meglio, ma tra bassa crescita del Pil e necessità di finanziare la corsa al riarmo, le previsioni non appaiono incoraggianti. Le turbolenze sono così tante, diffuse e gravi da spingere l’oro a battere record su record. Anche se passiamo al calcolo in euro, troviamo che il prezzo dell’oro non è mai stato così alto: +500% in venti anni.

Nuovi record per l’oro possibili

E il ritorno dell’inflazione, fenomeno che sembrava ormai essere sparito nel mondo avanzato, sta spingendo alla prudenza gli investitori per i prossimi anni. In corso vi è nei fatti una certa deglobalizzazione, con le catene di produzione che si accorciano e vengono rimpatriate per ridurre i rischi di natura geopolitica. Questo può portare ad un innalzamento dei costi, con ricadute sui prezzi al consumo. Per diversi decenni era accaduto il contrario. Un ulteriore fattore di incertezza a lungo termine, che lascia intravedere nuovi record per l’oro.

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