Sono passati due anni da quando la Corea del Nord chiuse le frontiere con la Cina, ponendo fine a già quel poco di import/export esistente con il suo quasi unico partner commerciale. L’incubo pandemia costrinse nel 2020 il presidente Kim Jong-Un a imporre una soluzione draconiana al paese, pur consapevole dei forti sacrifici che essa avrebbe richiesto ai cittadini, stremati da anni di embargo internazionale e da una concentrazione delle risorse statali nel comparto della difesa.

Ma pochi giorni fa, le autorità di Pyongyang hanno disposto la riattivazione dei commerci con la Cina.

Il premier Kim Tok Hun ha riferito alla Suprema Assemblea del Popolo che il suo governo sta promuovendo ogni sforzo per ripristinare “il sistema commerciale unitario”, un’espressione che sottolineerebbe come le importazioni e le esportazioni avverrebbero sotto la diretta gestione dello stato. Tuttavia, è consentito alle organizzazioni non statali fare richiesta per l’ottenimento di un “waku”, vale a dire una licenza per commerciare con l’estero.

Ripartono i commerci con la Cina e il won crolla

Per la Corea del Nord la possibile uscita dal tunnel di una miseria divenuta indicibile nell’ultimo biennio. Non riuscendo a comprare alcunché dalla Cina, le imprese locali non hanno potuto neppure produrre beni a sufficienza, compresi quelli di base. Gli stessi generi alimentari scarseggiano da tempo come segnala il boom dei prezzi ai mercati locali. Ma tra il 2020 e il 2021 so è registrato un apparente paradosso: dinnanzi a un’economia ridotta al lumicino, il tasso di cambio tra won (KPW) contro yuan e dollaro si è apprezzato, anche di parecchio.

In realtà, il fenomeno si spiega sia con la repressione del governo contro i detentori di valuta estera, sia con l’assenza di importazioni. Non essendo stato possibile acquistare alcunché dall’estero, non c’è stata alcuna domanda di valuta americana o cinese.

Adesso, invece, già in previsione stessa della riattivazione dei commerci, il cambio è collassato. Contro uno yuan servivano 5-600 KPW a metà gennaio e contro un dollaro 4-5.000 yuan. Nei giorni scorsi, ne servivano rispettivamente 850 e 6.400. Il deprezzamento è stato evidente, segno che la domanda di yuan e dollari sia ripresa.

A beneficiarne sono stati i possessori di queste valute, come ci riporta in un articolo North Korea Daily, quotidiano di opposizione all’estero. Essi stanno avendo la possibilità di riempire il carrello della spesa più delle settimane scorse. Ad esempio, spiega, a gennaio con 100 yuan si acquistavano 12 kg di riso, oggi 17 kg. Con la stessa cifra si potevano portare a casa 1,76 litri di oro per cucinare, ora 2,56 litri. Ma non tutti posseggono valute straniere, anzi solo una minoranza ha tale privilegio. E non tutti coloro che posseggono yuan e dollari starebbero correndo a liberarsene, in previsione di una ulteriore caduta del cambio locale.

Economia Corea del Nord la meno libera al mondo

Intanto, la classifica sulla Libertà Economica di Heritage Foundation ha confermato che l’economia in Corea del Nord resta la meno libera al mondo. Le sono stati assegnati solamente 3 punti su 100. Da quando l’indice è stilato sin dal 1995, lo stato asiatico è sempre stato ultimo in classifica. Per darvi l’idea delle distanze con il resto del mondo, tenete presente che davanti si situa il Venezuela di Nicolas Maduro, di fatto una dittatura comunista, ma con 24,8 punti. Terzultima è Cuba, altra dittatura comunista, con 29,5 punti. La Corea del Nord appartiene al gruppo di paesi dall’economia “repressa”, stando alla classificazione del report annuale. I paesi con economia “libera” e “perlopiù libera” esibiscono un reddito medio pro-capite di 7 volte più alto di quelli con economia “repressa”, a conferma del legame stringente tra libertà economica e benessere.

I diritti di proprietà praticamente non esistono sotto il regime di Kim Jong-Un, pur avendo ottenuto il punteggio più alto (16,3 punti) tra tutti gli indicatori considerati.

Tanto per completezza, il sistema fiscale, la sanità, la spesa pubblica, la libertà dei commerci, monetaria, della finanza e degli investimenti hanno tutti raccolto zero punti. Lavoro e imprese, invece, posseggono una libertà pari a 5 punti su 100. Eppure, anche a inizio di quest’anno la Corea del Nord ci ha deliziati con lanci plurimi di missili balistici, una provocazione rivolta agli USA per ottenere visibilità e verosimilmente sperare in un allentamento dell’embargo. Le spese militari assorbono gran parte del bilancio statale, mentre gli ospedali versano nelle medesime condizioni in cui si trovavano negli anni Settanta. Anche solo fasciarsi una gamba con la garza è un privilegio per pochi fortunati e ricchi, che le strutture si fanno pagare come fosse un intervento straordinario.

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