Lo sblocco della rata rata del Pnrr riduce la tensione che da settimane si respirava tra Italia e Commissione europea. Entro breve riceveremo circa 18 miliardi di euro, meno dei 18,6 previsti a seguito dello slittamento dei 519 milioni legati ai posti letto per studenti universitari alla quarta rata di fine anno. Questa è attesa a 16 miliardi ed entro dicembre, sebbene ancora esista il rischio che la sua erogazione sia rinviata all’anno prossimo. Il governo Meloni ha presentato modifiche su 10 dei 27 obiettivi annessi.

Ci vorranno due mesi di tempo per valutarle e dopodiché il giudizio dei commissari non sarebbe scontato, per quanto il dialogo proceda positivamente tra le parti.

Confindustria sostiene le critiche del governo Meloni

Sul tema è tornato in questi giorni il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, secondo cui il Pnrr “è sbagliato all’origine”. A suo dire, i ritardi e le anomalie del piano non sono addebitabili al governo Meloni. Ricorda di avere già esposto critiche quando ad occuparsene era l’allora premier Giuseppe Conte. Per Viale dell’Astronomia, il Pnrr avrebbe dovuto sostenere gli investimenti pubblici per potenziare la crescita dell’economia italiana. Invece, ha aggiunto, se ci mettiamo a costruire “piste ciclabili e rotonde”, avremo solo più debito pubblico senza crescita.

Una posizione del tutto simile a quella da tempo espressa dall’esecutivo. Il Pnnr consta di 191,5 miliardi di euro tra prestiti (122,5) e sussidi (69 miliardi) dell’Unione Europea, a cui si aggiungono 30 miliardi di co-finanziamenti nazionali. I primi andranno restituiti, i secondo no. In ogni caso, l’Italia partecipa da membro comunitario al finanziamento del programma. Se non utilizzasse tutti i fondi a disposizione fino al 2026, correrebbe il rischio di versare più di quanto non ottenga. Ma anche spendendo tutto in tempo, non è detto che i benefici superino i costi.

Pochi investimenti per la crescita economica

Il Pnrr è stato magnificato da stampa e associazioni di categoria, in quanto tutti vi hanno visto la possibilità di una grande abbuffata per attingere a immense risorse sotto la copertura dell’Europa.

D’altra parte, in molti tra gli esponenti politici hanno fiutato una sorta di “pilota automatico” per chiunque si trovasse a governare in questi anni. Un modo per legare le mani a Roma e costringerla ad attuare politiche finanche minuziosamente in linea con i desiderata europei. Un commissariamento mascherato, insomma.

Ad ogni modo, se il Pnrr non sosterrà la crescita e si limitasse a finanziare una lunga lista della spesa, la crescita dell’economia italiana non ne beneficerebbe, se non temporaneamente e in misura limitata. I vecchi mali resterebbero. Non si sarebbero affrontati i nodi infrastrutturali, gli investimenti green, in ricerca e sviluppo, per il contrasto al dissesto idrogeologico, per rinnovare la rete idrica, ecc. Il governo Draghi, che riscrisse a suo tempo gran parte del piano stilato mesi prima da Conte, non ne approfittò per destinare le risorse a queste voci di spesa. I risultati sono disarmanti: migliaia di micro-progetti senza alcun costrutto, sbriciolamento di denari pubblici per costruire musei locali, rinnovare qualche stadio e fare qualche pista ciclabile. Nulla che abbia a che vedere con la visione del Next Generation EU, basata sulla volontà di rilanciare le economie europee nel lungo periodo con una politica di investimenti accorti.

Pnrr, occasione persa con Draghi

Draghi, che fu nel 2020 l’ideologo del “debito buono”, non seppe tradurre il concetto in fatti concreti, preferendo l’armonia con i partiti che lo sostenevano in vista dell’elezione del presidente della Repubblica. Carica che gli fu negata proprio dai suoi alleati del tempo. Insomma, il Pnrr sarà quasi certamente un’occasione persa. Se fino a qualche mese fa era anatema solo pensarlo, adesso qualcuno esce allo scoperto per smentire l’eccesso di ottimismo.

Bonomi è da tempo critico, probabilmente anche perché si aspettava che il piano avrebbe favorito in maniera particolare le imprese. Invece, abbiamo una burocrazia incapace di progettare o di fare anche solo da tramite tra progettisti e finanziatore. Passano il vaglio progetti qualitativamente scadenti, il cui impatto sulle economie locali sarà nullo.

Il debito pubblico può essere volano di sviluppo se serve a potenziare la crescita del PIL. Solo in quel caso si ripagherebbe e si porrebbero le basi per una sua riduzione proprio rispetto al PIL. Viceversa, sarebbe destinato solo ad accrescere la spesa per interessi, cioè i costi a carico dei contribuenti. E un Pnrr varato in modo così frettoloso e senza visione va in questa seconda direzione.

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