A leggere il grafico dei bond, la Grecia non sarebbe più in crisi. I rendimenti sovrani a 10 anni sono crollati sotto il 3,7%, il livello più basso da oltre un decennio, quando ancora agli inizi dello scorso anno viaggiavano poco sotto l’8%. Lo spread con i Bund scende così ai livelli pre-crisi, ovvero alla primavera del 2010, quando l’allora premier George Papandreou negoziava con la Troika (UE, BCE e FMI) il primo dei tre bailout in appena 5 anni, mentre la Borsa di Atene si è riportata alla primavera 2015, segnando nell’ultimo anno un +26%, complice il “quantitative easing” della BCE, che premia gli assets ellenici, pur non includendoli nel piano di acquisti, spingendo il mercato a puntare sui titoli più a rischio e per questo a maggiore potenziale.

Lo confermano gli infimi rendimenti medi dei bond “spazzatura” in euro, che si aggirano attualmente intorno al 2,5%. (Leggi anche: Bond Grecia inaffidabili come segnale)

I dati ci dicono che il peggio sarebbe alle spalle, anche se le macerie saranno difficili da smaltire. Rispetto al 2007, l’economia ellenica si è contratta di oltre un quarto, risalendo dell’1,6% nel 2017, stando alle stime della Commissione europea, che per quest’anno prevedono un robusto aumento del pil del 2,5%. La disoccupazione resta alta, sopra il 20%, mentre la povertà riguarderebbe circa un quinto della popolazione e l’istituto DiaNeosis ha trovato che nel 2015 fosse affetto da povertà estrema il 15% dei greci contro il 2,2% del 2009.

Proteste contro le aste elettroniche

Le tensioni politiche tra Bruxelles e Atene sono scemate negli ultimi tempi, grazie a quel poco di ripresa che si è diffusa anche in Grecia per il meccanismo del “trickle-down”, ovvero a rimorchio del trend nell’area. Il governo Tsipras è in carica ormai da 3 anni e non spaventa più come prima, avendo ampiamente dimostrato di essere un cane che abbaia, ma alla fine disposto a firmare ogni accordo possibile pur di fare rimanere il paese nell’Eurozona.

Sotto i suoi uffici, tuttavia, si stanno tenendo nuove manifestazioni di protesta da parte di attivisti della sinistra, mondo da cui proviene lo stesso premier, contrari all’ultima sfornata di austerità. Tra le misure in via di approvazione in Parlamento vi sono tagli all’assistenza e, soprattutto, le aste immobiliari elettroniche. Queste sono fortemente contrastate dall’interno della maggioranza e del governo. D’altra parte, Syriza aveva vinto le elezioni per due volte nel 2015 sulla promessa che la prima casa dei debitori greci non sarebbe stata toccata dalle banche. Invece, pressato dai creditori pubblici internazionali, Alexis Tsipras non soltanto dovrà rimangiarsi la parola per l’ennesima volta, ma velocizzerà le modalità con cui le banche cercheranno di abbassare i crediti deteriorati ancora in pancia. (Leggi anche: In Grecia i prezzi delle case accelerano al ribasso: -40% dal 2008)

Case all’asta a prezzi da saldi

Gli Npl (“Non performing loans”) ammontano a 100 miliardi di euro, pari al 45% dei prestiti complessivamente erogati. Di questi, 40 miliardi riguardano mutui non onorati, circa il 41% del totale erogato. Entro il 2020, l’obiettivo sarebbe di abbatterli di ben 67 miliardi, ma l’ostacolo più grande deriva dai tempi piuttosto lunghi per liberarsi degli immobili ipotecati a garanzia dei crediti. Anche perché il mercato immobiliare in Grecia è letteralmente collassato nell’ultimo decennio, con i prezzi crollati mediamente del 45%. A chi dovrebbero essere vendute le decine di migliaia di case all’asta?

E qui sovviene in aiuto una misura del governo conservatore di Antonis Samaras del 2013: il visto d’oro o “golden visa”. Investendo almeno 250.000 euro nel comparto immobiliare si ottiene il permesso di soggiorno per i cittadini extra-UE. La misura ha avuto un decollo fallimentare, con soli 20 visti rilasciati nel 2013, ma negli ultimi anni ha riscosso un notevole successo, con 2.053 visti concessi e introiti totali per 1,1 miliardi, pari allo 0,6% dell’attuale pil.

Il grosso delle richieste arriva da Cina (46%) e Russia (21%). E quest’anno, si terranno 18.000 aste, al ritmo di 6-700 a settimana. Con le e-auctions, il tentativo del governo è di rispondere alle richieste delle banche di sostenere il piano delle maxi-dismissioni immobiliari, consentendo ai potenziali acquirenti (anche dall’estero) di partecipare online.

I primi immobili a finire all’asta saranno quelli dei debitori sospettati di avere volutamente dichiarato fallimento, partendo dalle case di lusso e da quelle con valore superiore ai 300.000 euro. Per gli investitori allettati dalla prospettiva di comprare a prezzi da saldi immobili residenziali e commerciali in un territorio a forte vocazione turistica sarà un’occasione imperdibile, mentre per molte famiglie si materializza il peggiore degli incubi, ovvero la perdita persino di un tetto sopra la testa. Le aste elettroniche dovevano esordire nel settembre scorso, ma dopo mesi di protesti e ritardi sono iniziate a dicembre. (Leggi anche: Saldi immobiliari in Grecia, prezzo case crollerà di un altro 18%)

Case all’aste un male necessario

Esistono grossi dubbi sul raggiungimento degli obiettivi prefissati, anche se le 5.000 aste elettroniche attese per quest’anno potrebbero vivacizzare un mercato apparentemente spento, se è vero che nel 2016 si sono tenute appena 5.641 aste immobiliari contro le 52.027 del 2009, nonostante da allora i valori si siano mediamente quasi dimezzati. Ma la vendita degli immobili ipotecati sembra una necessità ineludibile, come dimostra il recente tentativo delle banche elleniche di chiudere il capitolo Npl, contattando oltre 114.000 debitori morosi, chiedendo loro di salvare in 6 rate mensili il debito residuo, in cambio di un taglio delle esposizioni fino al 94%. Solo in 2.000 hanno accettato, segno sia delle difficoltà finanziarie delle famiglie, sia anche della scarsa cultura del rispetto degli obblighi, incentivata da una politica, che ad oggi ha protetto anche i più furbi dagli espropri delle banche, le quali avrebbero titolo per farlo, vantando un credito inesigibile e garantito, all’atto della concessione, proprio dagli immobili.

Polemiche, che sembrano replicare in maniera ben più drammatiche quelle di due anni fa in Italia sulla rimozione del divieto del patto commissorio per i contratti sui mutui. Senza un più veloce smaltimento delle sofferenze bancarie (con gli inevitabili drammi sociali), il credito in Grecia non ripartirà e nemmeno l’economia crescerà a ritmi tali da assorbire disoccupati e fare uscire le famiglie dalla povertà. Ma le aste elettroniche appaiono l’epilogo di una storia lunga e disperata, che gli spread, i rendimenti e i balzi degli indici azionari non possono cogliere. (Leggi anche: In Grecia 30 miliardi di debito sotto swap)