L’economia nell’Eurozona è ferma e a dirlo è la Commissione europea, le cui stime di crescita per quest’anno sono state riviste al ribasso dallo 0,8% di settembre allo 0,8%. Attesa un’accelerazione all’1,2% nel 2024, quando l’inflazione scenderebbe dal 5,6% al 3,2%. E anche per questo il caro carburante inizia a fare meno paura rispetto a poche settimane fa. Il mercato del petrolio sta inviando segnali espliciti su quanto stia accadendo nel mondo. Un barile di Brent ieri costava 81 dollari contro i 96,55 dollari del 27 settembre scorso, quando toccò il massimo recente.

E da allora si è rafforzato anche il cambio euro-dollaro, salito da 1,05 a 1,085. Fatta la conversione, scopriamo che importare un barile oggi ci costa meno di 75 euro contro i quasi 92 di neppure due mesi fa.

Inflazione in calo anche a novembre e dicembre?

La variazione del costo è stata, quindi, negativa per il 23%. Un’ottima notizia in vista dei prossimi dati sull’inflazione. Nell’Eurozona, è scesa al 2,9% nel mese di ottobre. In Italia, è stata rivista in settimana al ribasso dall’Istat all’1,7%. Poiché l’energia incide in misura rilevante sul paniere, probabile che la discesa delle quotazioni petrolifere di queste settimane spinga ancora più in basso gli indici dei prezzi al consumo nell’area. Anche se bisognerà verificare l’impatto sul restante paniere. Parliamo dell’inflazione “core” o di fondo, che ancora ad ottobre era in media al 4,2% nelle venti economie dell’euro.

Caro carburante fa meno paura e ora stop aumento tassi

Il problema del caro carburante inizia a “sgonfiarsi” con i prezzi di benzina e diesel ad essersi allontanati decisamente dalla soglia psicologica dei 2 euro al litro a cui si erano riportati ad inizio autunno. In modalità self, entrambi viaggiano attualmente sopra 1,80 euro. La discesa probabile dell’inflazione anche nei mesi di novembre e dicembre si porta dietro un effetto auspicato da milioni di consumatori: lo stop all’aumento dei tassi di interesse da parte della Banca Centrale Europea (BCE).

Dopo la pausa di ottobre, il costo del denaro è rimasto al 4,50%. Difficile che possa essere ritoccato all’insù con dati calanti sull’inflazione.

E questo farebbe felici i sottoscrittori di mutui a tasso variabile, nonché coloro che nei prossimi mesi intendano acquistare casa ricorrendo al prestito ipotecario. Quand’anche non vi fosse sin da subito una discesa dei tassi, perlomeno dovrebbero smettere di salire. E lo stesso dicasi a proposito dell’inflazione: un indice dei prezzi stabile o leggermente in calo segnala la possibilità per le famiglie di iniziare a recuperare parte del potere di acquisto perduto in questi ultimi due anni.

Petrolio giù anche per venti di crisi

Tra l’altro, la risalita dell’euro riduce i costi di tutti i beni e servizi importati, non solo del petrolio. Esso risente delle aspettative sui tassi di interesse della Federal Reserve. Il mercato sconta adesso un primo taglio a marzo e ben quattro entro la fine dell’anno prossimo, tutti da un quarto di punto percentuale ciascuno. Grosso modo, le aspettative a medio termine sono uguali per i tassi BCE, i quali scenderebbero dell’1% entro dicembre 2024. Queste previsioni non riflettono soltanto l’atteso calo dell’inflazione, bensì anche il deterioramento delle condizioni macro. E’ già in corso nell’Eurozona e presto spetterebbe agli Stati Uniti, prima economia mondiale. Il mercato del petrolio prende nota e risponde di conseguenza.

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