Nell’autunno scorso, il presidente dell’Europarlamento, David Sassoli, aveva invocato la cancellazione del debito pubblico come soluzione per la sua sostenibilità. La reazione della BCE non si è fatta attendere. A più riprese, tra cui poche settimane fa, il governatore Christine Lagarde ha spiegato che l’ipotesi sarebbe giuridicamente in contrasto con i Trattati di funzionamento dell’Unione Europea. All’art.123, questi vieta “ogni forma di facilitazione creditizia” agli stati dell’Eurozona. Discorso chiuso? Ni.

La stessa Lagarde sibillina ha dichiarato altresì che tecnicamente la BCE potrebbe registrare un patrimonio netto passivo, grazie al fatto di detenere il monopolio di stampa della moneta.

A cosa si riferisce? Svariati economisti si oppongono alla sola ipotesi di cancellazione del debito, sostenendo che così il patrimonio della BCE andrebbe sottozero. Giusto, ma non sarebbe formalmente un problema. Qualsiasi banca centrale può rimanere con assets netti negativi, potendosi stampare da sola tutta la moneta di cui avrebbe bisogno per adempiere alle sue obbligazioni.

Quindi, cosa impedirebbe la cancellazione del debito? Ragioni economiche e politiche. Premessa: tra “quantitative easing” e PEPP, la BCE detiene ormai più di 3.400 miliardi di euro di titoli di stato emessi dai governi dell’Eurozona. Di questi, oltre 580 miliardi sono bond italiani, pari al 22,3% del debito pubblico a fine gennaio. Con un colpo di spugna, Francoforte potrebbe annullare tali passività senza per questo fallire. Tutto vero, ma una banca centrale fonda la sua azione sul fattore reputazionale. Come reagirebbero i mercati, se scoprissero che la BCE abbia acquistati migliaia di miliardi di debiti per eliminarli del tutto?

Cancellazione del debito politicamente inaccettabile

Data la solidità dell’economia dell’Eurozona, probabilmente non perderebbero fiducia nell’istituto, non temerebbero per il mantenimento della stabilità dei prezzi nell’area. D’altra parte, tale fiducia si regge sia sulla capacità della BCE di mantenere tale stabilità, sia sulla solidità fiscale degli stati del Nord Europa.

E qui s’innescherebbe un corto circuito politico-finanziario. La cancellazione del debito servirebbe agli stati del Sud Europa, ma a renderla possibile sarebbe la buona reputazione di quelli fiscalmente più austeri, come Germania e Olanda. Questo significa, però, che alcuni debbano comportarsi bene per favorire chi si comporti male. Inaccettabile sul piano politico. La baracca dell’euro si sfascerebbe prima di subito.

E allora, la cancellazione del debito non sembra un’ipotesi politicamente percorribile. Questo non significa che la BCE sia priva di soluzioni tecniche per alleggerire nei fatti il peso dei debiti degli stati. Una di queste sarebbe di convertire tutti i titoli di stato a bilancio in un maxi-bond perpetuo a tasso zero o bassissimo. Di fatto, ufficialmente i debiti continuerebbero a sussistere, ma i governi non dovrebbero preoccuparsi di rifinanziarli. Sarebbe una cancellazione del debito dietro mentite spoglie, un po’ più accettabile dagli stati “frugali”.

Attenzione, però, a pensare che ciò dia sollievo sensibile ai conti pubblici. Già oggi, sui bond detenuti dalla BCE non paghiamo interessi. O meglio, li versiamo alla BCE, la quale li restituisce sotto forma di dividendi alle banche centrali nazionali. Pertanto, è come se parlassimo di titoli infruttiferi (per la BCE) e di una cancellazione del debito già nei fatti, cioè sul piano degli effetti sui conti pubblici. Se questo è vero, perché dovremmo ipotizzare l’emissione di bond perpetui? Perché la BCE non è vincolata a rinnovare i titoli alle rispettive scadenze. Potrebbe non farlo nel caso di raggiungimento del target d’inflazione. A quel punto, l’esigenza di procrastinare i programmi di acquisto dei bond verrebbe meno. I mercati lo sanno e non sono tranquilli circa il futuro della sostenibilità dei debiti sovrani. Lo sarebbero nel caso in cui tali debiti venissero ufficialmente sottratti una volta per tutte dal mercato.

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