La Turchia non è riuscita per un soffio ad aggiudicarsi la palma d’oro dell’economia con il più alto tasso d’inflazione nel mondo a marzo. Con il 61,1% è stata superata dal 61,5% di Suriname, anche se in questo caso il dato si riferisce ancora al mese di gennaio. Per il secondo mese consecutivo, poi, i prezzi alla produzione sono cresciuti a tre cifre: +115% da +105% a febbraio. Non accadeva dal 1995.

Il cambio tra euro e lira turca (in sigla, euro try) è stabile da settimane sopra 16, sebbene in rialzo di circa il 7% da inizio anno.

In altre parole, anche nei primi mesi del 2022 la valuta emergente si è deprezzata contro la moneta unica. La banca centrale starebbe cercando di mantenere il cambio contro il dollaro sotto 15. Per farcela, a dicembre si è inventata uno schema di tutela dei depositi bancari in lire, in base al quale i risparmiatori riceveranno dallo stato l’eventuale differenza tra la perdita di valore della lira e il minore tasso d’interesse offerto dall’istituto. In pratica, un rialzo dei tassi a carico dei contribuenti. Secondo le stime, in questi primi 3 mesi è costato sui 13 miliardi di lire, circa 750 milioni di euro.

Tuttavia, se l’euro try si riportasse ai livelli massimi toccati a dicembre, quando superò la soglia di 19, l’aggravio per i conti pubblici salirebbe a 165 miliardi di lire. E le ragioni per temere tale trend esistono tutte. La Turchia è il mercato con i tassi d’interesse reali più bassi al mondo, come emerge dal grafico di sotto:

Tassi Turchia

Euro try a rischio, dati macro pesanti

A fronte del 14% fissato dalla banca centrale per il costo del denaro, l’inflazione è del 47,1% più alta. Ciò sta accelerando i deflussi dei capitali, mentre la bilancia commerciale non sta affatto giovandosi di questa politica monetaria demenziale. Anzi, tra gennaio e febbraio ha accumulato un deficit di 18 miliardi di dollari, a cui si sommerebbero altri 8 miliardi di marzo.

Di questo passo, il disavanzo nell’intero 2022 supererà il 10% del PIL.

L’unico modo che la banca centrale ha di impedire che il cambio contro il dollaro si elevi sopra 15 è usare le riserve valutarie. Ma sono scarsissime. L’ultimo dato disponibile risale al 4 febbraio scorso, quando si attestavano a 16,33 miliardi di dollari netti. Ma di questi, 4,7 miliardi sono relativi solamente all’ultimo accordo sottoscritto con gli Emirati Arabi Uniti per un contratto di swap. Al netto di queste operazioni, il saldo sarebbe negativo. Anche per questo Ankara ha imposto alcuni controlli sui capitali, tra l’altro obbligando le imprese esportatrici a convertire in lire almeno il 25% dei ricavi maturati in valuta estera.

Per fare fronte ai costi legati alla crisi della lira, il presidente Erdogan sta varando proprio in questi giorni una riforma fiscale che aumenta dal 20% al 25% l’imposta sui profitti delle società finanziarie. Di certo, un altro modo per dissuadere gli investitori stranieri dal fare ingresso sul mercato turco. Il cambio euro try rischia di saltare rispetto ai livelli attuali, che non devono essere percepiti affatto di equilibrio. La discesa della lira è lontanissima dalla fine.

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