L’Eurozona sta vivendo una delle fasi più complicate per la sua economia da diversi decenni. Inflazione alle stelle, spettro razionamento dei consumi di energia, recessione in vista e malumori sociali sempre più forti. L’impatto sul cambio euro-dollaro era inevitabile. La discesa sotto la parità per la prima volta dal 2002 è stato il chiaro segnale di un andamento negativo dell’area. Questa settimana, tuttavia, il cross è riuscito a riportarsi sulla parità. Nulla di eccezionale, intendiamoci. Piccole variazioni positive, ma inattese forse per la velocità con cui sono avvenute.

Ci si aspettava una discesa ulteriore, cosa che, peraltro, non possiamo ancora escludere per i prossimi mesi. Nel frattempo, il prezzo dell’oro è sceso ai minimi da un mese e mezzo, sotto quota 1.700 dollari per un’oncia.

I due movimenti appaiono legati tra loro e devono essere ricondotti a Jackson Hole, la cittadina del Wyoming in cui nei giorni scorsi si è tenuto il simposio delle banche centrali organizzato annualmente dalla Federal Reserve. Per l’occasione il governatore Jerome Powell ha lanciato un chiaro messaggio ai mercati: pur di battere l’inflazione, l’istituto tollererà anche una moderata recessione dell’economia americana. In altre parole, la FED continuerà ad alzare i tassi d’interesse a ritmi sostenuti.

Cambio euro-dollaro risale sui tassi BCE

La BCE avrebbe avuto due alternative: ignorare il discorso di Powell o reagire. Ha scelto, pur non formalmente, la seconda via. Ha fatto intendere tramite diversi esponenti del board che alla riunione del prossimo giovedì 8 settembre aumenterà i tassi d’interesse forse anche dello 0,75%. Grazie a questa mossa, eviterebbe che la divergenza monetaria con la FED si allarghi. In sintesi, Francoforte tenta di tenere testa ad Atlanta. E ciò giova proprio al cambio euro-dollaro, il cui indebolimento accentua l’inflazione, comportando un aumento dei costi per i beni importati.

E il prezzo dell’oro? Risulta penalizzato dalla prospettiva di una stretta monetaria globale più intensa.

Se i tassi di mercato salgono più velocemente, il metallo diventa meno appetibile per chi investe, essendo un asset senza cedola. Peraltro, se le banche centrali alzano i tassi in maniera più dura, hanno maggiori probabilità di battere l’inflazione. E ciò riduce la necessità di comprare oro per tutelarsi contro l’instabilità dei prezzi futura.

Ma c’è da dire che, sebbene il cambio euro-dollaro abbia almeno cessato di scendere, il dollaro continua a rafforzarsi complessivamente contro le altre valute mondiali, salendo ai massimi da decenni. E ciò deprime il prezzo dell’oro, che per gli acquirenti non americani rincara. Resta da vedere quanto la BCE possa permettersi di inseguire la FED. Se quest’ultima mette in conto di scatenare una crisi economica, la prima la sta già subendo per via della dipendenza energetica dell’Europa dalla Russia. Per il momento, tanto basta per riportare il cambio euro-dollaro attorno alla parità.

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