Venerdì scorso, per la prima volta da inizio anni Duemila il cambio euro-dollaro sfiorava la parità, scendendo fino a un minimo di 1,0072. Lunedì, segnava un nuovo record minimo da 20 anni a 1,006. I dati sull’occupazione non agricola a giugno sono risultati migliori delle attese a luglio, ragione per cui il mercato ha preso atto che il ciclo dei rialzi dei tassi non finirà presto. La Federal Reserve sarà costretta a portare avanti la sua strategia anti-inflazione per non perdere la reputazione, oltre che la stabilità dei prezzi.

Nel frattempo, la crisi energetica in Europa si aggrava. La Russia ha già tagliato le forniture di gas; all’Italia di un terzo, alla Germania dei due terzi. Il timore è che dopo la sospensione delle forniture attraverso il pipeline North Stream 1 per manutenzione, le esportazioni resteranno azzerate come arma di ricatto di Mosca su Bruxelles in merito alle sanzioni sulla guerra in Ucraina.

Eurozona tra guerra, pandemia e crisi

Il cambio euro-dollaro è debolissimo come mai negli ultimi decenni, a causa sia della forza del biglietto verde, sia delle difficoltà economiche dell’Eurozona. E dopo il board della BCE del 21 luglio, le cose potrebbero persino mettersi peggio per la moneta unica. Gli analisti di ING stimano un cambio a 0,95 a fine mese nello scenario peggiore. In effetti, Francoforte ha già fatto sapere che alzerà i tassi d’interesse dello 0,25% a -0,25%. Risulterà essere “too little, too late”?

Mentre a fine mese la FED avrà portato i tassi americani al 2,50%, la BCE non si sarà quasi mossa dalla sua politica dei tassi negativi adottata sin dal 2014. Ed è vero che a settembre potrebbe aumentare il costo del denaro di mezzo punto percentuale, ma la stretta monetaria nell’Eurozona sta iniziando con un’economia in ripiegamento. Quanto effettivamente potrà spingersi Francoforte? Il rischio fiutato dal mercato è che la stretta sui tassi stia nascendo abortita.

Non che l’inflazione non sia un problema. Lo è a tutti gli effetti, essendo salita all’8,6% a giugno. Il fatto è che la recessione aleggia come più di uno spettro in queste settimane. Anche perché, come se la guerra non bastasse, adesso l’area è diventata l’epicentro di una nuova ondata di contagi. Non era mai accaduto in piena estate sin dall’inizio della pandemia.

Dunque, i governi europei potrebbero trovarsi costretti presto a ripristinare qualche restrizione anti-Covid. Resta esclusa l’ipotesi dei lockdown solamente perché non potremmo permetterceli. Ma l’aria che tira non è delle migliori neppure sul fronte sanitario. Non appena è ripartita la stagione turistica, contagi e morti si sono impennati, così come anche i ricoveri in ospedale. Cinicamente parlando, un po’ di chiusure avrebbero effetti calmieranti sull’inflazione, riducendo la corsa dei prezzi delle materie prime. Ma non sarebbero sostenibili, anche perché i governi non dispongono quasi più di margini di manovra fiscale e la BCE ha appena chiuso del tutto i rubinetti.

Cambio euro-dollaro debole nel breve

In conclusione, il cambio euro-dollaro ha molte più probabilità di continuare a indebolirsi che a tornare a rafforzarsi. Almeno nelle prossime settimane. La differenza la farà quasi certamente la FED. Se i dati macro americani suggeriranno che la stretta sui tassi negli USA andrà avanti come da previsione, il tonfo sotto la parità sarà concreto. Solo se la recessione dell’economia americana diverrà lo scenario di base il cambio euro-dollaro riprenderebbe un po’ di fiato. Per il momento, la divergenza monetaria non accenna a rientrare tra le due sponde dell’Atlantico.

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