Wall Street si trova ai massimi di sempre, con l’indice S&P 500 a sfondare per la prima volta la soglia dei 2.200 punti e il Dow Jones quella dei 19.000. Da quando Donald Trump ha vinto le elezioni USA, il dollaro ha guadagnato mediamente il 3,6% contro le principali valute del pianeta, contrariamente alle previsioni della vigilia, salendo ai massimi da inizio anno. Il cambio euro-dollaro sta riflettendo esattamente questo trend, cedendo il 3,6% e scendendo a 1,0635, il livello più basso da quasi un anno.

Contrariamente a quanto si pensi, quindi, la moneta unica non sta ripiegando contro il biglietto verde per via delle incertezze politiche relative all’Eurozona, le quali ancora non sarebbero state nemmeno minimamente scontate dal mercato. E a fare peggio c’è lo yen, che contro il dollaro ha perso il 5,2% dalla data del voto americano.

La valuta giapponese si trova adesso a quota 111 contro la divisa USA, quando era a 105 l’8 novembre scorso. Come mai sta facendo peggio di altre, considerando che persino la bistrattata sterlina di questi tempi ha rosicchiato qualcosa al biglietto verde? Semplice, lo yen è considerato una valuta di rifugio dalle tensioni e le incertezze politiche e finanziarie. (Leggi anche: Commercio mondiale, Trump potrebbe portargli fortuna?)

Dicembre mese decisivo per cambio euro-dollaro

Prima dell’8 novembre, i timori legati alla vittoria del tycoon repubblicano lo avevano spinto a un cambio di quasi 100 contro il dollaro, ai massimi da quasi 3 anni e mezzo. Paradossalmente, una volta che Trump ha vinto, è accaduto che le tensioni non solo non si siano manifestate, ma che abbiano lasciato spazio a un rally azionario davvero raro e che sta continuando a spingere le quotazioni americane a livelli record. Da qui, il via alle vendite di assets in yen, che sta beneficiando la Borsa di Tokyo (+5,8% in due settimane), le cui società legate all’export macinano guadagni sull’indebolimento del cambio.

E il cambio euro-dollaro cosa farà nel breve e nel medio termine? Dicembre sarà un mese decisivo per capirlo. Nel giro di dieci giorni si terranno tre appuntamenti molto importanti per le sorti del cross valutario: il referendum costituzionale del 4, il board della BCE dell’8 e quello della Federal Reserve del 14. (Leggi anche: Cambio euro-dollaro, parità non è un miraggio)

 

 

 

Parità cambio euro-dollaro, le previsioni

Immaginando che abbiano ragione i sondaggi (e sappiamo che non godono di grande fortuna in questi mesi), gli italiani dovrebbero bocciare le riforme istituzionali del governo Renzi, provocandone la caduta o un logoramento politico evidente. Dopo qualche giorno, Mario Draghi dovrebbe potenziare il “quantitative easing”, allungandone la durata di sei mesi, mentre una settimana dopo, Janet Yellen dovrebbe alzare i tassi USA di 25 punti base allo 0,50-0,75%. Quest’ultima mossa è prevista dai traders con probabilità del 95%.

L’insieme di questi eventi dovrebbe indebolire l’euro e rafforzare il dollaro, tanto che agli inizi del 2016, Société Générale si aspetta che il cambio tra le due valute dovrebbe tendere alla parità. Occhio, perché lo stesso si disse agli inizi dello scorso anno, quando diversi analisti paventarono la parità, mentre si assistette a una ripresa graduale della moneta unica. (Leggi anche: Quantitative easing, Draghi dovrà inventarsi qualcosa di serio)

Attesi fino a 5 rialzi dei tassi USA nel 2017

La banca francese si basa sulla previsione di una stretta monetaria americana più veloce di quanto atteso fino a poche settimane fa. Alla fine del 2017, i tassi Fed dovrebbero attestarsi all’1,75%-2% dall’1,25%-1,50%. Dunque, SocGen starebbe prevedendo 5 rialzi dei tassi da 25 bp ciascuno nel corso dell’anno prossimo.

Tuttavia, gli stessi economisti dell’istituto prevedono che il “tapering” della BCE, ovvero il ritiro graduale degli stimoli monetari nell’Eurozona, avvenga a partire dal mese di marzo del 2017 e si completi entro l’inizio del 2018.

Se avessero ragione, già tra qualche mese, il cambio euro-dollaro dovrebbe iniziare a scontare anche uno scenario meno accomodante per l’unione monetaria e magari, subito dopo avere raggiunto la parità, potrebbe apprezzarsi un po’, ma contenuto dal ciclo restrittivo USA. (Leggi anche: Cambio euro-dollaro, stretta USA quasi certa)