Frena leggermente la corsa del dollaro oggi, che si deprezza in media dello 0,1% contro le principali valute del pianeta, pur restando ai massimi dal 2003. Il cambio euro-dollaro si attesta poco sopra la parità a un soffio di 1,06, registrando dalle elezioni USA un calo del 4%, in linea con il +4,2% medio messo a segno dal biglietto verde nello stesso arco di tempo. Ma oggi, lo spread Treasury-Bund a 10 anni è salito ai massimi degli ultimi 26 anni a quota 212 punti base o 2,12%. A tanto ammonta il differenziale di rendimento tra i decennali americani e quelli tedeschi.

Cosa significa? Gli investitori stanno vendendo da settimane i Treasuries, in attesa dell’imminente rialzo dei tassi USA e in previsione di un surriscaldamento dell’inflazione americana, per via della politica economica pro-crescita promessa dal presidente eletto Donald Trump. (Leggi anche: Cambio euro-dollaro, ecco le previsioni)

Rendimenti Treasuries salgono, quelli dei Bund restano bassi

Il sell-off massiccio di queste settimane ha spinto i rendimenti dei decennali USA al 2,35%, il livello più alto dal luglio dello scorso anno, mentre la prospettiva di una politica monetaria accomodante ancora a lungo della BCE e le incertezze politiche legate alla UE e, in particolare, all’Eurozona, stanno sostenendo gli acquisti dei Bund.

Qual è il rapporto tra spread e cambio euro-dollaro? Abbiamo analizzato il divario tra i rendimenti USA e quelli tedeschi per la scadenza decennale tra il 2006 ed oggi e puntualmente abbiamo riscontrato una stretta correlazione con il rapporto tra le due valute: ad alti spread corrisponde un cambio euro-dollaro tendenzialmente basso, viceversa nel caso opposto. (Leggi anche: Effetto Trump trascina bond in basso)

 

 

 

Cambio euro-dollaro verso la parità?

Un esempio? A inizio dicembre del 2006, lo spread era la metà di quello odierno e il cambio euro-dollaro ancora a 1,32. L’anno successivo, il primo si era quasi azzerato e il secondo saliva a 1,46.

Il divario tra i rendimenti risale sopra i 100 punti base nel 2013, anno in cui la Federal Reserve pre-annuncia il ritiro graduali degli stimoli monetari, ampliandosi costantemente, in corrispondenza a un indebolimento della moneta unica verso il biglietto verde.

Il superamento dei 200 bp segna un nuovo corso, potendo anticipare una fase di ulteriore deprezzamento dell’euro e a questo punto il raggiungimento della parità non potremmo più escluderlo, considerando che un anno fa, a fronte di un cambio euro-dollaro simile al livello odierno, lo spread era di 50 punti più basso. Insomma, pare proprio che i mercati scommettano su una divergenza di politica monetaria come mai in tempi recenti e ciò non potrà che far scivolare ancora l’euro. (Leggi anche: Cambio euro-dollaro ancora più giù?)