Il vertice dell’OPEC+ c’è stato ieri in videoconferenza, ma si è rivelato un drammatico fallimento. Nessun accordo tra i partner dello storico cartello e i loro alleati esterni, tra cui la Russia. Un evento, che ci ricorda quanto avvenne nel marzo dello scorso anno, quando non fu trovato un accordo per tagliare la produzione e i prezzi del petrolio crollarono ai minimi da fine anni Novanta per il Brent e a -40 dollari per il WTI americano.

Stavolta, è diverso. La mancata intesa è sull’aumento della produzione di 2 milioni di barili al giorno tra agosto e dicembre.

Ecco, quindi, che il flop del vertice OPEC+ sta surriscaldando i prezzi del petrolio, con il Brent stamattina in area 77,50 dollari, ai massimi da ottobre 2018. Da inizio anno, guadagna oltre il 50%. E tra gli analisti c’è chi teme che possa salire ulteriormente ben sopra gli 80 dollari, scatenando una spirale inflazionistica nell’emisfero occidentale.

Prezzi del petrolio verso un nuovo boom?

Ma sarà davvero così? Il boom dei prezzi del petrolio dovrebbe eventualmente essere solo temporaneo, il tempo da indurre gli stessi stati dell’OPEC+ ad approfittarne per aumentare la propria quota di produzione per accrescere i ricavi. Peraltro, lo stesso “shale” americano potrebbe riprendersi. Al momento, l’industria petrolifera a stelle e strisce resta di 2 milioni di barili al giorno sotto i livelli di produzione pre-Covid. Ma quotazioni così elevate sarebbero un’occasione ghiotta per tornare ad estrarre.

In previsione di tale scenario, la Russia non starebbe a guardare. Mosca vorrebbe aumentare la sua produzione da tempo, ma sinora si è attenuta all’accordo sottoscritto con il regno saudita e, per esteso, con l’intero OPEC. Ad ogni modo, ogni volta che il cartello non è riuscito a trovare un accordo sui livelli di produzione, i prezzi del petrolio si sono schiantati. Ed è verosimile che sarà così anche stavolta.

Il pomo della discordia è la richiesta degli Emirati Arabi Uniti di accrescere la propria quota di base da 3,2 a 3,8 milioni di barili al giorno. Riad è contraria, temendo che simili richieste arrivino con il tempo dagli altri partner e dopo essersi addossata a inizio anno un taglio volontario di 1 milione di barili al giorno.

Ci sarà tempo per trovare un’intesa dell’ultimo minuto ed evitare uno shock sul mercato petrolifero. Se così non fosse, le logiche del mercato prevarrebbero su quelle oligopolistiche. Sono domanda e offerta a determinare i prezzi. E l’OPEC da sola incide oggi per meno di un terzo dell’intera offerta mondiale. Siamo lontani dagli anni Settanta dello strapotere di un gruppo ristretto di stati esportatori. Se ciò non bastasse, l’America centrerebbe ugualmente l’obiettivo rimuovendo l’embargo contro l’Iran e facendo affluire sui mercati qualche milione di barili al giorno in più. La sola prospettiva indurrebbe il cartello a più miti consigli.

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