La settimana scorsa si è chiusa con una notizia di quelle che fa scattare il mondo della finanza. Poste Italiane ha confermato le indiscrezioni riportate da La Stampa, annunciando di essere entrata nel capitale di Mediobanca. La quota dovrebbe collocarsi tra l’1% e fino al 3%. A partire da questa seconda percentuale, infatti, scattano gli obblighi informativi alla Consob. Grosso modo, il gruppo guidato da Matteo Del Fante avrebbe speso tra 100 e massimo 300 milioni di euro. Non sono tanti su un portafoglio d’investimenti di 150 miliardi.

Nel comunicato, Poste ha tenuto a precisare che non eserciterà il diritto di voto all’assemblea degli azionisti del 28 ottobre, convocata per rinnovare il Consiglio di Amministrazione (CDA).

Scontro tra azionisti a Piazzetta Cuccia

Parole che non bastano a mettere a tacere la ridda di ipotesi sul significato di questo vero e proprio “blitz”. In Mediobanca va avanti da qualche anno una dura battaglia tra i vertici uscenti da una parte e gli azionisti Leonardo Del Vecchio e Francesco Gaetano Caltagirone dall’altra. Il patron di Luxottica è morto lo scorso anno, ma la spallata contro Piazzetta Cuccia è portata avanti in questi mesi dai suoi eredi. Figura primo nel capitale con una quota che si aggirerebbe a ridosso del 20%. Caltagirone disporrebbe, invece, di quasi il 10%.

In teoria, ancora l’AD Alberto Nagel non avrebbe motivo per preoccuparsi più di tanto. I fondi d’investimento stranieri starebbero dalla sua parte. Resterebbe in vantaggio per ottenere un nuovo mandato a fine mese. Tuttavia, non sappiamo quale sia la composizione del capitale allo stato attuale. Si sa che ci sono state vendite nelle ultime settimane. E Poste da chi avrebbe rilevato il capitale? E a quale pro? Con il gruppo Caltagirone ha già stretto un patto parasociale sul 14,2% di Anima, la società di gestione del risparmio. Il mercato si chiede se vi sia in vista una simile operazione anche per Mediobanca.

Obiettivo blindare Generali?

Altro aspetto cruciale della vicenda è il ruolo del governo Meloni. Difficile immaginare che il Tesoro sia rimasto all’oscuro dell’ingresso di Poste nel capitale della banca. Esso detiene il 29,26% del capitale, a cui sia aggiunge il 35% tramite Cassa depositi e prestiti. Del Fante è stato nominato per la prima volta a capo del gruppo nel 2017 in qualità di manager “renziano”, ma pochi mesi fa è stato confermato nel ruolo anche dalla premier Giorgia Meloni. Riscuote sostanzialmente la fiducia di Palazzo Chigi in virtù dei risultati aziendali maturati. Se il governo ha avallato o persino studiato a tavolino con Poste l’ingresso in Mediobanca, quale sarebbe il fine ultimo?

Dobbiamo ricordarci che Mediobanca possiede il 13,13% di Generali, principale compagnia assicurativa italiana su cui da anni si concentrano le attenzioni della finanza francese. Il Leone di Trieste è guidato dal transalpino Philippe Donnet e ciò non garba agli azionisti italiani più grossi, tra cui per l’appunto sempre Del Vecchio (9,77%) e Caltagirone (6,23%). La strategia che i due soci starebbero perseguendo, consisterebbe in uno spodestamento dei vertici a monte, cioè agendo sul capitale della controllante.

Ruolo famiglia Berlusconi

L’operazione Poste, tuttavia, si presta a più di un’interpretazione. Ad esempio, socio del patto in Mediobanca è Mediolanum con il suo 3,4%. In altre parole, la banca guidata da Massimo Doris è schierata con il CDA uscente. Ma sappiamo che si tratta anche della banca controllata dalla famiglia Berlusconi, che al contempo controlla indirettamente Forza Italia dopo la morte del fondatore e, quindi, è nei fatti “azionista” del governo Meloni. Dunque, il blitz è stato concordato all’interno della maggioranza di centro-destra? Se sì, Mediolanum ci sta? Se no, quale sarà la reazione di Forza Italia?

Dopo che la tassa sugli “extra-profitti” delle banche aveva creato non poche tensioni tra Palazzo Chigi e la famiglia Berlusconi, difficile immaginare che dalla premier sia arrivato un nuovo sgarbo all’indirizzo di un socio decisivo del suo governo.

La vicenda diventa, quindi, molto interessante sul piano sia finanziario che politico. Probabile anche che l’ingresso di Poste punti per il momento solo a rafforzare la posizione della lista di minoranza Delfin, che sarà presentata dalla famiglia Del Vecchio e che, allo stato attuale, otterrebbe solamente un paio di posti in CDA.

Poste può comprarsi Mediobanca

Di certo c’è che Poste disporrebbe delle risorse per salire ulteriormente in Mediobanca. Al 30 giugno scorso, esibiva una posizione finanziaria netta positiva di 2,5 miliardi e liquidità per 3,5 miliardi. Considerate che l’intero capitale di Mediobanca vale in borsa sui 10 miliardi, di cui il 30% è in mano a due soci stabili e desiderosi semmai di influenzarne la governance. Si tratta con ogni probabilità di un segnale del governo, azionista di controllo di Poste, inviato al salotto buono della finanza: il sistema bancario e assicurativo italiano non si tocca. I francesi – e non solo – sono avvisati. Tu chiamalo se vuoi “sovranismo”.

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