La Banca Centrale Turca ha cancellato altre restrizioni ai movimenti dei capitali, eliminando l’obbligo per le banche di acquistare titoli di stato nel caso in cui prestassero denaro a tassi superiori o in quantità inferiore a determinate soglie. Un altro passo in avanti per ricostituire la credibilità perduta attorno alla lira turca, che nell’ultimo anno ha perso il 34% contro il dollaro. Il suo tasso di cambio è salito sopra 28, raggiungendo ennesimi record massimi. Nel frattempo, l’inflazione è tornata a lievitare al 61,5% nel mese di settembre.

Non impressiona il fatto che la Turchia risulti essere tra le principali economie ad adottare i Bitcoin. La “criptovaluta” sarebbe utilizzata qui da oltre il 6% dei cittadini, qualcosa come più di 5 milioni di persone.

Turchia principale mercato per criptovalute

Ankara figura al 12-esimo posto nel mondo per tasso di adozione, ma al contempo risulta essere anche tra i paesi con il più alto tasso d’inflazione insieme a Venezuela, Zimbabwe, Argentina, Libano, Nigeria, ecc. E le due classifiche sembra che tra di loro siano legate. In effetti, per noi occidentali abituati a vivere in un sistema di prezzi e tassi di cambio più o meno stabili Bitcoin può apparire un asset rischioso sul quale investire. Non sappiamo chi vi sia dietro, se sarà un giorno posto fuori legge dai governi, quali meccanismi ne influenzino nel tempo le dinamiche dei prezzi, ecc. Ma mettetevi nei panni di un cittadino turco, che di giorno in giorno si vede eroso il potere di acquisto e in appena un decennio ha visto la lira perdere il 90% contro il dollaro. Ha senso mettersi a fare le pulci?

Bitcoin è salito del 66% in un anno. Venerdì scorso, si aggirava intorno a 34.200 dollari contro i 20.600 di dodici mesi fa. La lira turca nello stesso arco di tempo è passata dallo scambiare 18,60 a 28,18 contro il dollaro.

Dunque, in valuta locale Bitcoin in Turchia ha registrato un balzo annuale del 155%. Praticamente, chi avesse investito nella “criptovaluta” 100.000 lire un anno fa (circa 5.376 dollari), adesso se ne ritroverebbe in tasca rivendendo l’asset sui 255.000 lire (circa 9.050 dollari). Se avesse mantenuto i propri risparmi liquidi, quelle 100.000 lire varrebbero oggi meno di 62.000 lire in termini reali.

Bitcoin Turchia salvezza per risparmi in lire

Insomma, Bitcoin in Turchia ha fatto la differenza tra annegare tra inflazione e collasso della lira e mettersi in salvo. Piaccia o meno. Non a caso si sta registrando un boom di nuovi ingressi sul mercato: +31% da inizio luglio a inizio settembre e per il 36% dei casi gli investimenti medi si attestano sopra 100.000 lire. Monitorando i prezzi in valuta locale, invece, non assistiamo ad alcun premio.

Pur essendo le quotazioni in lire turche salite ai massimi storici per via del crollo del cambio, convertite in dollari esitano sostanzialmente gli stessi valori medi internazionali. In genere, un premio anche cospicuo sorge quando la domanda su un determinato mercato è talmente elevata che i cittadini sono disposti ad acquistare l’asset a prezzi superiori a quelli internazionali. Probabile che ciò non stia avvenendo grazie alla facilità per i turchi di investire su piattaforme all’estero senza dover necessariamente concentrare gli ordini in patria.

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