Quella passata è stata per la lira turca una settimana a dir poco folle. Il cambio contro il dollaro collassava fino a 18,36, salvo concludere le contrattazioni nella seduta di venerdì sotto 11. Un recupero del 35% alimentato dal piano “salva risparmi” del presidente Erdogan. Stando alle quotazioni di Bitcoin, però, non sembra che tutte le famiglie stiano abboccando alla promessa del governo di proteggere i loro risparmi dalle fluttuazioni del cambio.

Sulla piattaforma exchange domestica BtcTurk, ieri un Bitcoin si acquistava a circa 590.000 lire turche a metà pomeriggio.

Tenuto conto del tasso di cambio di 11,33 contro il dollaro, la quotazione si attestava a 52.000 dollari. Ma negli stessi istanti, era a quasi 51.500 dollari su Coinbase. Una differenza del 10%, che a tratti è risultata ancora superiore. E per lo stesso Erdogan si tratta di un segnale negativo. Molti turchi evidentemente stanno facendo incetta di Bitcoin per sfuggire alla perdita del potere d’acquisto con la lira turca. L’alta domanda ne sostiene i prezzi, i quali si stanno attestando sopra i valori medi internazionali.

Bitcoin via di fuga per i turchi?

In Turchia è vietato offrire servizi legati alle “criptovalute”, ma la loro detenzione resta legale. Nei giorni scorsi, le autorità di Ankara hanno inflitto una sanzione di 8 milioni di dollari a Binance dopo avere riscontrato non si sa bene quali precise irregolarità, a seguito di controlli presso gli uffici nazionali. Un blitz che sa di avvertimento per il comparto: guai a speculare sulla volatilità del cambio.

Sarà molto interessante verificare l’evolversi delle quotazioni di Bitcoin sul mercato turco. Un ulteriore allontanamento rispetto ai valori esitati sui principali mercati lancerebbe un monito sulla reale credibilità del piano “salva risparmi”. Già ieri, il cambio si è indebolito anche più del 4%. E sembra che grossa parte del recupero della lira durante la scorsa settimana sia stato dovuto alle vendite ingenti di valute straniere da parte della banca centrale, non tanto o solamente alla spontanea conversione dei risparmi delle famiglie in valuta domestica.

Ma l’istituto è a corto di riserve, per cui potrà poco per difendere il cambio. Siamo al classico calcio al barattolo su un marciapiede quasi finito.

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