La Federal Reserve ha mantenuto i tassi di interesse invariati al termine della due giorni di politica monetaria. Non c’erano dubbi che sarebbe andata così. L’inflazione negli Stati Uniti resta alta e decisamente sopra il target del 2%, addirittura in aumento. E l’economia si mostra non solo resiliente, ma anche solida. Nel frattempo, Bitcoin e oro ripiegano dai massimi storici e questo trend risulta legato, come vedremo, alle prospettive sui tassi globali.

Prezzi giù dopo i record

La “criptovaluta” si attesta sotto i 57.600 dollari, ai minimi da oltre due mesi, perdendo il 27% rispetto ai massimi storici toccati nel mese di marzo sopra i 73.000 dollari.

E dire che pochi giorni fa c’è stato il famoso halving, che avrebbe dovuto sostenerne le quotazioni. Se le prospettive di medio termine restano “bullish”, lo scenario a breve si è incupito per effetto del previsto mantenimento dei tassi Fed ai livelli attuali per un periodo più prolungato del previsto.

Lo stesso dicasi dell’oro, che vede arretrare le quotazioni sotto i 2.310 dollari l’oncia, mentre nelle sedute precedenti era schizzato fin sopra i 2.400 dollari. Dai massimi storici il calo si aggira intorno al 4,5%. Bitcoin e oro condividono la caratteristica di essere entrambi correlati negativamente ai tassi. Per ragioni verosimilmente diverse, forse opposte. Il primo è un asset considerato rischioso dal mercato e per questo la sua domanda tende a crescere quando la liquidità abbonda e i rendimenti obbligazionari scendono. Il secondo è il “safe asset” per eccellenza, una difesa contro l’inflazione. Tassi più alti servono, però, proprio a contrastare il carovita. Inoltre, essi rafforzano il dollaro Usa, valuta in cui il metallo è negoziato sui mercati internazionali. Più esso è forte, più l’oro diventa costoso.

Boom del cacao e presunta speculazione finanziaria

Non possiamo non parlarvi del cacao. Cosa c’entra con Bitcoin e oro? Prima di rispondere, sappiate che i chicchi prelibati hanno perso il 37% rispetto ai massimi storici toccati poche sedute fa.

Erano arrivati a costare più di 12.000 dollari per tonnellata, oggi si comprano per circa 8.900 dollari. Su base annua, restiamo pur sempre su un guadagno nell’ordine del 190%. Prezzi quasi triplicati. Ci sarebbero ragioni tecniche dietro a questo crollo. Con le quotazioni esplose, il mantenimento dei “margin call” per gli investitori si sarebbe fatto molto costoso. E alcuni hanno deciso di liquidare le posizioni, anche per realizzare i guadagni.

Tuttavia, anche il cacao può essere accomunato a Bitcoin e oro per la sua correlazione ai tassi. Che dietro alla sua impennata vi sia una certa speculazione finanziaria è probabile, per quanto i fondamentali depongano a favore dei prezzi. Speculazione che si alimenta del denaro abbondante in circolazione sui mercati. La prospettiva che i tassi globali restino più alti a lungo, rende più oneroso investire a debito. La minore liquidità ha effetti depressivi sugli asset, “commodities” incluse. Agli inizi di aprile lo stesso petrolio (Brent) superava i 90 dollari al barile, soglia a cui si attestava fino a una settimana fa. Adesso, siamo in area 84 dollari.

Bitcoin e oro specchio dei tassi globali

Cosa vogliamo dire con questo? I prezzi di Bitcoin, oro, cacao, greggio e altre materie prime sono anche il risultato delle politiche monetarie adottate dalle principali banche centrali. Addirittura, la “criptovaluta” nacque nel gennaio del 2009 come reazione di un ignoto Satoshi Nakamoto alla crisi finanziaria mondiale e alle conseguenti stamperie degli istituti. La corsa del metallo, comunque, non sembra destinata ad arrestarsi. La domanda delle stesse banche centrali è alta da anni e non accenna a contrarsi, mentre salgono gli impieghi industriali, tra cui per l’Intelligenza Artificiale, e gli acquisti di gioielleria restano elevati. Soprattutto, le tensioni geopolitiche montano e parte del pianeta punta a contrastare lo status del dollaro come valuta di riserva mondiale.

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