La scorsa settimana, il presidente americano Joe Biden ha partecipato al Consiglio europeo per fare il punto sulla crisi geopolitica venutasi a creare nel Vecchio Continente dopo che la Russia ha invaso l’Ucraina. Un fatto eccezionale – di fatto, un capo di stato straniero partecipa alla riunione politica di un’altra entità – figlio di una situazione eccezionale. E a Bruxelles si è parlato molto di gas, perché la crisi energetica è il problema numero uno dell’economia europea in questa fase.

Biden ha promesso forniture di gas all’Europa per 15 miliardi di metri cubi all’anno e fino a 50 miliardi di metri cubi entro il 2030.

Il Consiglio si è così concluso con tanti sorrisi e sfoggio di ottimismo per il futuro. Davvero la Casa Bianca ha risolto il problema dell’energia in Europa? Partiamo dai dati. Lo scorso anno, la Russia ha fornito all’Unione Europea qualcosa come 155 miliardi di metri cubi di gas, circa il 40% delle intere importazioni di quest’ultima. Germania e Italia risultano i paesi più dipendenti con una quota rispettivamente pari a circa la metà e il 40% delle importazioni.

I 15 miliardi di metri cubi dell’America per quest’anno incideranno, quindi, per meno di un decimo delle forniture di gas russo, il quale continua ad affluirci senza intoppi finora. Per i prossimi anni, tuttavia, i governi europei hanno annunciato già che ridurranno drasticamente le importazioni da Mosca. La sola America, tuttavia, non sarebbe minimamente in grado di sostituirvisi. Se l’obiettivo entro il 2030 sarà centrato, rimarrebbero ai livelli attuali di consumo almeno 100 miliardi di metri cubi di gas da comprare da qualche altra parte. Dove? Il Qatar ha stretto già accordi con la Germania, così come l’Algeria con l’Italia.

Più gas da Qatar e Algeria

Ma difficilmente saranno in grado di aumentare in misura rilevante le rispettive forniture.

L’intera produzione dell’emirato nel 2020 è stata di 171,3 miliardi di metri cubi nel 2020, cioè di poco superiore alle sole importazioni annue europee dalla Russia. E’ vero che Doha punta a incrementarla del 40% entro il 2025, ma continuerebbe a non bastare. L’Algeria, poi, produce annualmente poco più di 80 miliardi di metri cubi all’anno e ne esporta per 50 miliardi già all’Europa. Insomma, potenziando al massimo entrambe le forniture e confidando nel recupero della Libia, servirebbero anni e non è detto che ci riusciremmo ugualmente.

C’è un altro problema. Il gas americano ci costerà di più. Si stima di circa il 20% rispetto a quello russo. Ovvio il motivo: giungerà all’Europa tramite le navi attraversando l’Oceano Atlantico. Poiché deve essere caricato su di esse in forma liquida (LNG), una volta arrivato a destinazione dovrà essere rigassificato, cioè riportato allo stato gassoso. Dalla Russia, invece, il 90% del gas ci arriva ad oggi già in forma gassosa attraverso le pipeline disseminate in Europa, tra cui Ucraina, Bielorussia, Polonia e Mare del Nord.

Il ruolo possibile dell’Italia

L’Italia può giocarsela per trasformarsi in una sorta di hub del gas per l’Europa. Sarebbe l’approdo ideale per le navi cisterna americane, le quali scaricherebbero la materia prima nei porti di Augusta, Ravenna e Piombino. Da lì, i rigassificatori già commissionati dal governo italiano a Snam opererebbero la trasformazione necessaria per l’utilizzo del gas. Nella speranza che dalla Libia la capacità di esportazione attraverso Greenstream aumenti con il tempo. Quella massima è di 30 miliardi di metri cubi all’anno, ma al momento si attesta a circa 8 miliardi. E nel 2015, ENI scoprì il vastissimo giacimento offshore di Zohr in Egitto. Da qui, potranno arrivare preziose forniture supplementari di gas per l’Italia e il resto d’Europa. Nel frattempo, però, i consumi dovranno scendere per non rischiare una crisi energetica.

In altri termini, la transizione ecologica dovrà proseguire senza intoppi, sfruttando fonti energetiche alternative. Anche perché, detto con tutta sincerità, slegarsi dalla Russia per affidarsi in toto a paesi come Algeria e Qatar non sarebbe per nulla saggio.

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