Per il 2022, la BCE prevede che il tasso d’inflazione nell’Eurozona salga al 2,2%, leggermente sopra il target del 2%. A ottobre, l’indice è lievitato al 4,1%, più che doppiando l’obiettivo dell’istituto. In Germania, è arrivato al 4,5%, ai massimi dal 1993. Più contenuto il rialzo in Italia, dove ce la caviamo con il 2,9%. Sta di fatto che Christine Lagarde avrà il suo bel da farsi nei prossimi mesi per tenere a bada i “falchi” seduti nel suo board. Non dovrà affrontare solamente le critiche di chi le rimprovererà una certa leggerezza nel tollerare una crescita dei prezzi così vigorosa; un altro grosso problema è dato dall’eterogeneità dei dati.

L’Eurozona è, come sappiamo, composta da 19 economie nazionali. E per il 2021, si spazia da previsioni d’inflazione al 4% in Estonia allo 0,1% della Grecia, dove a ottobre, però, già l’indice segnava +3,4%. In Germania, poi, dovrebbe tendere mediamente al 3%. Quando hai dati così divergenti, diventa difficile praticare una politica monetaria efficace per tutti. Mantenere i tassi d’interesse a zero potrà risultare appropriato per economie in cui l’inflazione ancora resta sotto il target, un rischio per altre in cui già essa supera il target di gran lunga.

BCE sotto pressione sull’inflazione

E proprio in Germania, al posto di Olaf Scholz, che dovrebbe assumere tra non molto la carica di cancelliere, al Ministero delle Finanze arriverà Christian Lindner, leader dei liberali tedeschi e notoriamente un “falco” su questioni come fisco e BCE. La pressione su Francoforte per mitigare l’inflazione crescerà di mese in mese, specie se i prezzi al consumo in Germania continueranno a correre. Secondo le previsioni della Commissione europea, saliranno del 3,1% quest’anno, del 2,2% il prossimo e dell’1,7% nel 2023. In Italia, atteso l’1,8% nel 2021, il 2,1% nel 2022 e l’1,4% nel 2023. Da queste stime, emerge che nel triennio 2021-2023 l’inflazione cumulata tedesca sarà del 7,2%, in Italia del 5,4%, in Francia del 5,5% e in Spagna del 5,7%.

Questo vuol dire solo una cosa agli occhi di Berlino: l’economia tedesca perderà competitività.

Perché l’inflazione corre più velocemente in alcuni paesi che in altri? Al di là delle diverse condizioni di base – alcuni importano più materie prime dall’estero – è il fattore dinamicità ad influenzare il trend. Già prima della pandemia i prezzi tedeschi salivano più rapidamente che in Italia, risentendo di una domanda interna sostenuta e di una crescita del PIL più vigorosa. E c’è un comparto in cui l’inflazione fa più paura: l’immobiliare. Comprare casa sta diventando sempre più proibitivo in Germania, mentre in Italia si assiste semmai solamente a una ripresa dopo un quindicennio caratterizzato dal collasso. Mettere insieme tutte queste istanze non sarà facile per la BCE. La forbice tra il tasso più alto e quello più basso d’inflazione si è ampliato in area 4%, ai massimi dal 2013, quando ancora infuriava la crisi dei debiti sovrani.

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