Questa volta è derby nel Nord Europa: Isabel Schnabel versus Philip Lane; Germania contro Irlanda. I due componenti del board nella Banca Centrale Europea (BCE) hanno reso dichiarazioni l’una l’opposta dell’altra nel giro di poche ore. Oggetto del contendere è l’aumento dei tassi d’interesse. L’istituto è reduce dell’ottava stretta decisa alla riunione di giovedì 16. I tassi di riferimento sono saliti al 4%, sui depositi bancari al 3,50% e sui finanziamenti marginali al 4,25%. Non sono stati così alti dall’inizio del millennio, agli albori dell’euro.

La tedesca ha sostenuto la necessità di continuare su questa linea, aggiungendo che se proprio la BCE deve sbagliare, meglio sarebbe farlo per eccesso e non per difetto. In altre parole, possiamo e dobbiamo rischiare un aumento dei tassi eccessivo, anziché debole.

Le ragioni addotte non mancano. Schnabel sostiene che se l’aumento dei tassi si rivelasse insufficiente, le aspettative d’inflazione rischierebbero di disancorarsi. Ne seguirebbe una stretta monetaria più dura e prolungata dagli effetti più negativi sull’economia di quelli che avrebbe una stretta sin da subito più dura del necessario. Lane non è d’accordo. Ha invitato alla prudenza per dopo l’estate. Ha prospettato persino che la BCE possa prendersi una pausa sull’aumento dei tassi per riesumare la stretta nel caso dopo una o più riunioni del board si rendesse necessaria. Questo sarebbe, a suo modo di vedere, l’approccio “data dependent”.

Di volta in volta, ha spiegato l’irlandese, la BCE valuterà il da farsi sulla base dei dati macroeconomici. Meglio non mettere le mani avanti. I due sono sostanzialmente in accordo sulla necessità di un ennesimo aumento dei tassi a luglio. La divisione riguarda le misure da prendere a settembre. “Troppo in là con il tempo” ha spiegato Lane per dire già oggi cosa faremo. Da queste dichiarazioni è emersa una visione finanche “ideologica” contrapposta.

La prima, diciamo, più attinente alla teoria economica e al mandato dell’istituto, mentre la seconda più pragmatica e operativa.

Aumento tassi BCE a settembre, cresce fronte anti-falchi

In teoria, Lane è il grillo parlante del governatore Christine Lagarde. Egli ha il ruolo di capoeconomista, cioè è il banchiere centrale che fornisce le stime macroeconomiche e prepara l’impostazione monetaria da seguire. Da solo, però, nessuno può imporre alcunché ai colleghi. E questa spaccatura nel Nord Europa già prospetta un board molto più diviso di quanto è stato finora per i prossimi appuntamenti. I “falchi” hanno la Bundesbank come proprio capofila, le “colombe” in questa fase hanno la Banca d’Italia. I numeri pendono dalla parte dei primi, sebbene qualsiasi banca centrale e, a maggior ragione la BCE, non vota mai a stretta maggioranza le sue decisioni. Si mostrerebbe debole e inefficace all’esterno. Il consenso richiesto è quasi sempre, se non l’unanimità, perlomeno un’amplissima maggioranza dei votanti.

Lo scontro verbale tra Lane e Schnabel potrebbe risentire degli ultimi dati macro. Il PIL irlandese nel primo trimestre è sceso dello 0,2% su base trimestrale e crollato del 4,6% su base annua. Numeri che, affiancati da quelli tedeschi, hanno spinto il PIL dell’intera Area Euro in territorio negativo. Per quanto i componenti del board esprimano posizioni personali, nella sostanza queste riflettono apertamente le condizioni macro dei paesi di origine. Ed è probabile che le parole di Lane risentano del rischio recessione in Irlanda. I tedeschi nel board, invece, ignorano i molteplici segnali di allarme che arrivano da mesi dall’economia in Germania. Il loro mandato è scolpito nella roccia: stabilità dei prezzi, costi quel che costi.

L’ago della bilancia potrebbe essere la Banca di Francia, il cui governatore François Villeroy de Galhau sembra optare ultimamente per un ultimo aumento dei tassi a luglio.

Il fronte di chi non vuole una stretta a settembre, perlomeno non già preconfezionata a giugno, si allarga e mette con le spalle al muro i “falchi”. Come sempre, Lagarde non avrà alcun ruolo nel far pendere la bilancia dall’una o dall’altra parte. A differenza di Mario Draghi, la francese si è data come ruolo quello di mediatore tra le varie istanze nel board. Ad essere onesti, serve più a intrattenere la sala stampa alle conferenze post-board che ad assumersi una qualche responsabilità in ambito monetario.

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