Una banconota in cui a dominare è l’azzurro, che raffigura le rocce di Chiremba Balancing nell’Epworth, località a 13 km da Harare. Rappresentano il delicato equilibrio tra uomo e natura. Sul retro domina, invece, la figura di un bufalo nero e le cascate di Vittoria. Fu emessa nel 2008 dalla Reserve Bank of Zimbabwe e la sua denominazione fece scalpore in tutto il mondo: 100.000.000.000.000 (centomila miliardi!) di dollari zimbabwani. Ancora più stupefacente il valore infimo che raggiunse tale banconota: appena 40 centesimi di dollaro americano!

L’aspetto più divertente, per così dire, è che oggi è diventato un oggetto di collezione e non soltanto tra gli appassionati di numismatica.

Su eBay si trova in vendita per cifre che vanno da meno di 170 a 330 euro. Ha molto più valore oggi come oggetto di collezione che non come unità di conto quando fu emessa. Possono sembrare parecchi soldi per un pezzo di carta di fatto senza valore intrinseco, ma ci si porterebbe a casa un pezzo di storia moderna, nonché un monito per il mondo intero.

L’infausta era Mugabe

Facciamo un passo indietro al 1980. In quell’anno, la Rhodesia si rende indipendente dal Regno Unito. Arriva al potere Robert Mugabe, sotto il cui regime il paese cambia nome in Zimbabwe per segnare la nascita di un’era affrancata dai colonizzatori. Viene stampata la nuova moneta, che è il dollaro locale o Zim dollar. Inizialmente, il tasso di cambio risulta persino superiore a quello del dollaro USA. I tassi d’inflazione a inizio anni Ottanta sono contenuti per i livelli di allora: 7% nel 1980. Nello stesso periodo, negli Stati Uniti risultava il doppio.

Tutto sommato, le cose non andarono malissimo fino alla fine degli anni Novanta, quando il regime di Mugabe decise di espropriare le terre ai bianchi colonizzatori per distribuirle alla maggioranza nera. Migliaia di aziende agricole furono consegnate a persone che non sapevano come gestirle.

La produzione agricola quasi si dimezzò, ci fu penuria di cibo. I capitali esteri se la diedero a gambe per paura che Harare avrebbe replicato queste mosse in altri campi dell’economia. L’inflazione iniziò a galoppare. Schizzò al 133% nel 2004, mentre l’anno seguente era già quasi al 600%. E l’anno successivo ancora raddoppiava al 1.281%. Iniziava l’iperinflazione. Nulla al confronto di quanto sarebbe accaduto negli anni immediatamente successivi.

Banconota senza valore con iperinflazione

La Reserve Bank of Zimbabwe reagì come fanno tutti i regimi a corto di idee e inclini alla demagogia: stampando moneta. L’inflazione, che fu ridicolmente dichiarata “fuori legge” da Mugabe nel 2008, quell’anno esplose a quasi l’80 miliardi per cento. Per pagare anche un caffè bisognava portarsi dietro intere valigie di banconote. E fu così che esordì la banconota da 100 mila miliardi di dollari dello Zimbabwe. Avrebbe dovuto facilitare la vita ai cittadini, ma l’esperimento fallì miseramente com’era nelle previsioni. Il valore di tale banconota arrivò ad appena 40 centesimi di un dollaro USA e gli abitanti del paese africano smisero di usare la moneta locale per regolare gli scambi in dollari americani, euro, rand sudafricani, rupie indiane e sterline inglesi.

Tornata sovranità monetaria, non fiducia

La stessa Reserve Bank of Zimbabwe cessò nel 2009 di stampare una propria moneta. Questa situazione durò fino al 2016, quando sempre Mugabe, che nel frattempo era un arzillo novantenne alla presidenza da 36 anni, decise di reintrodurre una sorta di moneta nazionale sotto mentite spoglie. Fu il debutto dei “bond note”, subito precipitati di valore sul mercato, dato che nessuno si fidò del cambio illusorio ufficiale di 1:1 contro il dollaro USA. Alla fine del 2017 il regime di Mugabe fu rovesciato da un colpo di stato ad opera Emmerson Mnangagwa, uno dei suoi ministri.

Cambiò l’orchestra, non la musica. Nel 2019, la banca centrale smise di affidarsi alle valute straniere e tornò a stampare il nuovo dollaro dello Zimbabwe, noto come RTGS (Real Time Gross Settlement).

Anche quest’ultima operazione è stata un colossale fallimento. Di fatto, nessun cittadino usa oggi il nuovo dollaro locale per gli scambi. L’inflazione, che si era normalizzata con l’uso delle valute straniere, esplose fin sopra l’800% nel 2020 e ancora a gennaio stava al 230%. Quella banconota da 100 mila miliardi di Zim dollari non è servita ad ammonire chi l’aveva emessa. Soprattutto, non è stato possibile ad oggi ripristinare la fiducia nella valuta emergente, data la scarsa credibilità del governo nazionale. Epilogo del tutto diverso da quello della Germania nel 1924, che a seguito dell’iperinflazione rimpiazzò il Papiermark con il Reichsmark con enorme successo.

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