Il periodo di “lock-up” di 90 giorni è scaduto. Il Tesoro può vendere, ove lo volesse, un’altra tranche delle azioni Monte Paschi di Siena possedute. A novembre, cedette sul mercato il 25% del capitale, scendendo al 39,23%. La quota dismessa risultò ben superiore alle attese. Lo stato volle approfittare del balzo dei prezzi in borsa per avviare la privatizzazione e incassare una somma relativamente elevata. L’incasso fu di 920 milioni di euro. Numerosi gli investitori stranieri che comprarono, specie dagli Stati Uniti. Tre mesi fa, come da consuetudine in questi casi, il Tesoro concordò con le banche collocatrici un periodo di 90 giorni, per l’appunto detto in gergo “lock-up”, durante il quale non avrebbe potuto vendere nuove azioni di Monte Paschi.

Lock-up scaduto, verso nuova cessione di azioni MPS

La ratio di questo accordo consiste nel garantire agli acquirenti una minima stabilità nelle settimane successive all’ingresso nel capitale. Ma quel periodo si è concluso e adesso il Tesoro può cedere un’altra quota. Stando alle indiscrezioni, il suo obiettivo sarebbe di scendere quanto prima sotto il 30% con la cessione di un pacchetto fino al 10% del capitale. In questo modo, segnalerebbe alla Commissione europea il rispetto degli impegni assunti negli anni scorsi e in base ai quali Monte Paschi dovrà tornare ad essere una banca privata entro il 2024.

Nazionalizzazione sempre in perdita

Ai prezzi di borsa odierni, l’istituto vale circa 4,40 miliardi di euro. Da inizio anno, il rialzo sfiora l’8%. Il 39% e passa in mano allo stato equivale a qualcosa come 1,7 miliardi. Sommati ai 920 milioni incassati a novembre, teoricamente la privatizzazione farebbe entrare nelle casse pubbliche oltre 2,5 miliardi. Peccato, tuttavia, che tra nazionalizzazione, rimborso delle obbligazioni subordinate in mano alle famiglie e partecipazione all’aumento di capitale nel 2022, lo stato abbia sborsato complessivamente 7 miliardi. E da questa cifra stiamo escludendo le maxi-perdite potenziali sui crediti deteriorati acquistati da Amco, società controllata dal Tesoro stesso.

Monte Paschi è tornata all’utile con 2 miliardi e 52 milioni nel 2023, il doppio delle previsioni. Allo stato converrebbe attendere lo stacco della cedola del prossimo 20 maggio prima di vendere, altrimenti perderebbe il dividendo sulle azioni cedute, il primo dopo tredici anni. Sarà pari a 0,25 euro per azione per complessivi 315 milioni. A conti fatti, se tra oggi e il 20 maggio lo stato vendesse un altro 10% del capitale, perderebbe una trentina di milioni. Un costo accettabile, se nel frattempo trovasse acquirenti a prezzi favorevoli.

Vendere Monte Paschi subito o tra alcuni mesi?

C’è il rischio, poi, che con l’avvio del taglio dei tassi di interesse da parte della Banca Centrale Europea, le banche italiane accusino un calo dei margini e che ciò finisca per deprimerne le quotazioni di borsa. Il boom di utili è stato reso possibile proprio grazie all’aumento dei tassi e Monte Paschi stessa se n’è avvantaggiata, oltre ad altre operazioni come la pulizia dai crediti deteriorati e la riduzione del “petitum” con il venir meno dei rischi legali.

Il punto è sempre uno: lo stato vende, ma nessuno sul mercato ad oggi sembra intenzionato ad entrare nel capitale di Monte Paschi con una posizione di azionista di maggioranza. Nessuna integrazione in vista in Italia. Banco Bpm, Bper e Unicredit smentiscono tutte di voler rilevare Siena. Questo è un problema. La privatizzazione si realizzerebbe senza che si abbia un’idea di quale possa essere il futuro della banca più antica del mondo ancora in attività. Probabile che il Tesoro voglia stringere sul punto dopo la cessione di un’ipotetica seconda tranche, verosimilmente dall’estate in avanti. Con ancora il 30% di azioni in mano, continuerà a condurre il gioco.

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