Il bond unsecured emesso dalla Juventus nei giorni scorsi e collocato presso gli investitori istituzionali è andato a ruba, tanto che, a fronte dei 150 milioni di euro che la società bianconera si attendeva di offrire, si è saliti a 175 milioni, grazie alla domanda pari a un controvalore complessivo di 250 milioni. Eppure, Bloomberg notava il giorno dopo che l’effetto Cristiano Ronaldo non ci sarebbe stato, perché tutto sommato la domanda non ha nemmeno doppiato l’importo offerto. Abbiamo spiegato, tuttavia, come una lettura più attenta ci indurrebbe a pensare al contrario, vale a dire che la prima emissione obbligazionaria della Juventus sia stata un successo.

Per capire le ragioni di questa nostra affermazione, vi rimandiamo a questo articolo: Perché il bond “Ronaldo” della Juventus è stato un successo.

Di certo, l’effetto CR7 c’è stato per le azioni bianconere, schizzate di oltre il 110% dalla fine del giugno scorso, quando si è iniziato a vociferare il clamoroso acquisto dell’attaccante portoghese, avvenuto effettivamente nelle settimane successive. Da allora, la capitalizzazione a Piazza Affari della Juve è esplosa di ben oltre 700 milioni a 1,39 miliardi di euro. In pratica, il mercato ha scontato valutazioni pari a circa il doppio di quanto verrà a costare complessivamente CR7 nell’intero quadriennio del contratto. E abbiamo visto quanto sia cresciuto l’appeal social della squadra, che ha compiuto passi da gigante in pochi mesi anche sul fronte del merchandising e degli sponsor, con Adidas ad avere rinnovato in anticipo il contratto a cifre più che doppie rispetto a quello ancora vigente. Gli stessi biglietti allo stadio sono stato ritoccati al rialzo, permettendo alla società di incassare di più ai botteghini, a parità di spettatori alle partite casalinghe, data la relativa bassa capienza massima dello stadio Allianz.

Tutto bene, se non fosse che nella stagione 2017/2018 la Juventus ha chiuso i conti in perdita di 19,2 milioni di euro.

E il saldo del calciomercato estivo scorso è stato negativo di 160 milioni, numeri che ci lasciano ipotizzare un aumento del debito, nonché degli oneri per servirlo. E il direttore finanziario Marco Re, in occasione del lancio del bond, l’altro giorno ha confermato di attendersi anche per quest’anno una chiusura in rosso del bilancio societario, la cui entità dipenderà dal posizionamento della squadra in Champions League. Per Banca IMI, la Juventus non tornerà all’attivo fino a tutta la stagione 2020/2021. Solo nel 2022, quando i ricavi attesi salirebbero a 624 milioni dai 504 milioni della stagione scorsa, si perverrà al pareggio.

Azioni Juventus sopravvalutate?

Ora, ci chiediamo se sia razionale acquistare un titolo in borsa, che verosimilmente non staccherà una cedola da qui ai prossimi 4 anni e che capitalizza circa 12,5 volte l’Ebitda al 30 giugno 2018. Parliamo del margine operativo lordo, quello che segnala il profitto della società legato al “core” business e che risulta, addirittura, essere sceso dalla stagione 2016/2017 di oltre una cinquantina di milioni di euro ad appena poco più di 111 milioni. L’Ebitda è un indicatore assai interessante per il mercato, in quanto ci fornisce la capacità di una società di generare utili dalla sua attività caratteristica. Per intenderci, la Juventus nel 2016/2017 chiuse il bilancio in attivo di 42,6 milioni, ma su quel risultato incise la maxi-plusvalenza legata alla cessione di Pogba e pari a 105,3 milioni di euro. Tuttavia, trattasi di operazioni straordinarie, che nulla ci dicono sulla solidità finanziaria di fondo.

Per capire se le azioni Juventus siano in bolla, ovvero se il mercato compri per il solo fatto di attendersi che altri lo faranno, indipendentemente dai fondamentali, dobbiamo verificare che il titolo sia o meno sopravvalutato. Per farlo, confronteremo il rapporto tra valore di capitalizzazione in borsa ed Ebitda con quello delle altre principali squadre di calcio europee quotate.

Il Manchester United capitalizza al Nasdaq 940 milioni di dollari, 142 volte l’utile annuo e 13,95 volte il suo margine operativo lordo. Il Borussia Dortmund vale in borsa 720 milioni, poco più della metà della Juve, circa 25,3 volte il suo ultimo utile approvato a bilancio e solo 5,7 volte l’Ebitda. L’Ajax in borsa viene valorizzata per appena 271 milioni, pensate solo 1,7 volte l’Ebitda, ma ben 246,7 l’utile. E venendo all’Italia, la Lazio mostra un rapporto tra capitalizzazione ed Ebitda di 15,65 e la Roma di 5. La prima quota, poi, a 2,37 volte l’utile, la seconda a -0,19, avendo chiuso in rosso l’ultimo bilancio.

Dunque, non abbiamo dati univoci per capire se il multiplo a cui quota la Juve rispetto al suo Ebitda sia eccessivo o meno. Lazio e Manchester United ne esibiscono uno maggiore, ma bisogna ammettere che almeno quelle società segnano utili, a differenza dei bianconeri, che si attende restino a bocca asciutta da qui al 2023. In altre parole, la corsa alle azioni Juventus negli ultimi 8 mesi sarebbe legata non tanto all’attesa di una remunerazione sul fronte della cedola, bensì all’effetto CR7, classico esempio di bolla, alimentata inizialmente dal fattore emotivo di avere un fenomeno in rosa portatore di successi e successivamente dalla considerazione che altri probabilmente seguiteranno a comprare, quali che siano i risultati economici attesi. Ciò non depone in favore di previsioni rosee per il titolo, sebbene d’altra parte il suo inserimento nell’Ftse Mib, il listino principale di Piazza Affari, contribuirebbe a veicolarvi i capitali dei fondi e la maggiore liquidità sarebbe garanzia di stabilità e solidità per il titolo. A meno fino a quando qualcuno inizierà a temere che sia diventato già troppo caro e venderà, magari cogliendo il pretesto di qualche risultato deludente in Champions o, al contrario, di un ulteriore rialzo seguito a un ennesimo trionfo bianconero.

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