Anche il governo Meloni vara il suo bonus a favore dei cittadini meno fortunati. Con la manovra di bilancio varata lunedì scorso, arriva la Carta acquisti. Si tratta di un fondo da 500 milioni di euro, che verrà gestito dai Comuni. Spetterà a favore dei cittadini con redditi ISEE fino a 15.000 euro l’anno. I criteri saranno tarati anche sull’età anagrafica, mentre l’utilizzo consisterà in una card da spendere presso punti vendita convenzionati per l’importo di 80 euro al bimestre.

I buoni spesa in forma di Carta acquisti li avevamo visti in azione già durante i mesi più duri della pandemia, quando milioni di italiani furono costretti a rimanere a casa. La nuova misura punta a contrastare la povertà, che in questi anni è salita e che con gli effetti provocati dalla guerra rischia di acuirsi ulteriormente.

Verso l’addio al reddito di cittadinanza

In queste settimane, il dibattito ruota perlopiù attorno al reddito di cittadinanza. Il governo di centro-destra punta a una stretta fino ad abolirlo per tutte le persone “occupabili”. In pratica, tra 18 e 59 anni, salvo casi di invalidità civile o di minori a carico, il sussidio non spetterebbe più a partire dal 2024. Per il 2023, invece, sarà limitato a 8 mesi. Gli oppositori alla stretta sostengono che la povertà non sia una colpa e che vi sia in corso una campagna mediatica per “criminalizzare” coloro che vivono in condizioni di vita precarie.

Ad essere onesti, non è una ricostruzione campata in aria. Certa stampa e alcune reti TV banalizzano il tema proponendo casi di “fannulloni” incalliti per renderli una sorta di cartina al tornasole della massa dei poveri italiani. Il leitmotiv di questi servizi e trasmissioni di dubbio giornalismo è sempre lo stesso: chi percepisce il reddito di cittadinanza è un nullafacente che sta sul divano e dovrebbe cercarsi un lavoro. A proposito di lavoro, parrebbe di capire che abbondi per tutti e ad ottime condizioni.

Carta acquisti ennesima misura assistenziale

Ma la Carta acquisti di nuova istituzione pone l’accento sul problema opposto. La povertà non è una colpa, tranne nei casi in cui sia il frutto di scelte precise. Tuttavia, non lo è neppure andare a lavorare. E la giungla dei bonus di questi anni ha creato una società in cui fino a una certa soglia di reddito si ha diritto a vivere gratis, mentre al di sopra bisogna accollarsi tutte le stangate possibili.

Basti pensare a quanto stia accadendo con i bonus sociale per luce e gas. I redditi ISEE fino a 15.000 euro sono sgravati totalmente o quasi dagli aumenti, il resto della popolazione paga bollette scandalose. Non c’è dubbio che i più bisognosi vadano aiutati. Lo richiede il senso di civiltà di una nazione. Così come non c’è dubbio che i conti pubblici non consentano aiuti a pioggia. Tuttavia, tra una Carta acquisti di qua e un’altra di là, la vera discriminazione oramai riguarda chi lavora.

Rischio di guerra tra poveri

L’abrogazione del reddito di cittadinanza per gli “occupabili” è una notizia positiva. Molto meno lo è certo giornalismo fondato sulla mistificazione della realtà. E vale per l’una e l’altra campana. Chi lavora e guadagna, non può e non deve più essere trattato dallo stato come carne da macello. A forza di creare bonus per i meno abbienti, si sta scatenando una vera guerra tra poveri. Anche perché i criteri stessi per erogarli sono spesso fallaci. L’ISEE risente delle sotto-dichiarazioni e del lavoro nero.

Molti euro finiscono nelle tasche di chi non ne avrebbe bisogno e magari vive in condizioni migliori di chi non riesce ad accedere ai benefici per via di un lavoro modesto, ma in regola.

Nessuno s’immagina che la classe media italiana voglia e debba recarsi al supermercato con l’ultima Carta acquisti ideata dal governo. Ma occorre maggiore prudenza nell’impiego dei denari pubblici. La tolleranza verso l’assistenzialismo sta barcollando. Il rischio è che attecchisca un clima di odio verso i veri poveri.

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