Che fine farà il reddito di cittadinanza? Il governo Meloni lo aveva annunciato e la promessa è stata scritta nero su bianco: il sussidio tanto voluto e oggi strenuamente difeso dal Movimento 5 Stelle sarà cancellato. Ma i percettori non vadano nel panico, perché per tutto il 2023 non se ne parlerà. La riforma organica entrerà in vigore dal 2024 e deve ancora essere scritta. Le risorse risparmiate, tuttavia, andranno ad alimentare un fondo per l’inclusione sociale e la lotta alla povertà. In altre parole, il reddito di cittadinanza sparirà nelle attuali forme per assumere nuove sembianze.

Già dall’anno prossimo, comunque, qualche novità concreta ci sarà. I percettori abili al lavoro, ovvero di età compresa tra 18 e 59 anni, avranno diritto al sussidio per soli 8 mesi sui 12 del 2023. La stretta escluderà gli invalidi civili, coloro che hanno a carico minori e over 60. Al termine degli 8 mesi, i percettori dovranno frequentare un corso di formazione professionale. Per incentivare la frequenza sarebbe allo studio l’ipotesi di concedere, al termine del corso, altri 12 mesi al massimo di sussidio con un taglio del 25%. Infine, niente reddito di cittadinanza a chi rifiuta anche solo un’offerta di lavoro congrua.

Maggioranza divisa sulla riforma

Sulla riforma si è dovuta trovare un’intesa tra la posizione più dura di Fratelli d’Italia, favorevole alla cancellazione, e quella più morbida di Lega e, soprattutto, Forza Italia. Il partito berlusconiano si è mostrato contrario ad una stretta radicale, anche perché gran parte dei suoi consensi si hanno nel Sud. Dal canto suo, la premier Giorgia Meloni in conferenza stampa ha spiegato che il segnale lanciato agli italiani è chiaro: lo stato non può assistere a vita chi ha la possibilità di lavorare.

I numeri ci dicono che da questa impostazione non si può scappare. Gli occupati nel nostro Paese sono poco più di 23 milioni.

Le persone in età lavorativa (15-64 anni) sfiorano i 40 milioni. A conti fatti, ci sono 17 milioni di inoccupati. Tralasciamo gli studenti delle superiori e gli universitari e scendiamo a circa 13-14 milioni. Questa sarebbe la platea a cui teoricamente spetterebbe il reddito di cittadinanza, pur essendo nelle condizioni di lavorare. Operazione impossibile. Soltanto 23 milioni di lavoratori, di cui 20 milioni nel settore privato, dovrebbero mantenere con il loro gettito fiscale quasi 30 milioni tra pensionati e percettori del sussidio.

Reddito di cittadinanza, Conte agita le piazze

Il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, minaccia di scendere in piazza in difesa del reddito di cittadinanza. Del tutto legittimo. E’ stata e continua ad essere la bandiera più popolare dei “grillini”. Tuttavia, il governo ha il dovere di non cedere alle piazze se ritiene che la riforma dell’assistenza sia cosa buona e giusta. Il rinvio di una riforma organica al 2024 serve certamente a studiare con rigore le misure per superare l’attuale configurazione del reddito. D’altra parte, è frutto della volontà di gran parte della stessa maggioranza di annacquarne i tratti.

I due terzi dei percettori del reddito di cittadinanza si trovano al Sud. Non stupisca. Tutti fannulloni questi meridionali? Chi lo pensa, si qualifica da sé. Il problema è che il Meridione è un deserto industriale, non produce praticamente nulla. Da decenni mancano politiche adeguate capaci di attirare investimenti privati in quest’area depressa dell’Italia. Tra frustrazione e rabbia, negli anni è cresciuta tra i cittadini meridionali la pretesa di essere assistiti, dato che lo stato non riesce a garantire loro un presente accettabile.

Da questo punto di vista, il reddito di cittadinanza è stata la risposta umiliante di una politica romana rassegnata all’idea che il Sud non possa mai camminare sulle proprie gambe. Un modo per tappare la bocca a chi sotto Roma chiede lavoro e sviluppo.

Ma anche il modo per mettere una pietra tombale alla speranza di un cambiamento tangibile. Ben venga la cancellazione del reddito di cittadinanza, se essa sarà prodromica all’avvio di una nuova stagione di investimenti pubblici e di sviluppo dell’economia meridionale.

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