Tutti concentrati a guardare l’oro, i cui nuovi record negli ultimi mesi non si contano più. Eppure c’è un altro metallo ad avere fatto meglio: l’argento. Considerato il fratello meno altolocato del metallo giallo, il grigio ha offerto ancora maggiori soddisfazioni agli investitori dall’inizio dell’anno. Le sue quotazioni sono aumentate del 16% in questo 2024, superando il +14% messo a segno dall’oro. Per un’oncia ci vogliono pressappoco 28 dollari, il dato più alto dall’inizio del 2021. Siamo lontanissimi dai record storici segnati nel marzo del 2011.

In quel tempo, un’oncia di argento arrivò a costare fino a 46,50 dollari.

Safe asset con impiego industriale

Se restringiamo l’analisi all’ultimo mese, scopriamo che l’argento ha quasi doppiato la performance aurea: +14% contro +7,5%. Cerchiamo di capire come mai. Anzitutto, si tratta di un altro “safe asset”. Classico bene d’investimento per conservare valore nel tempo. Tuttavia, da questo punto di vista si presta meno bene rispetto all’oro, specie se s’investono grossi capitali. Poniamo di dover impiegare la somma di 1 milione di euro. Ai prezzi attuali, ci serviranno circa 14,30 kg di oro. Già non sarebbe agevole sistemare tanti lingotti al sicuro. Non è detto che entrino in una cassetta di sicurezza a casa. Affittarla in banca costa.

La stessa somma richiederebbe l’acquisto di 1.196 kg di argento. A meno di non voler vincolare un intero garage e di sperare che nessun malintenzionato lo scopra, l’operazione non risulterebbe fattibile. Sappiamo, però, che gli investimenti non necessariamente devono avvenire sui metalli fisici. Gli Etf consentono di esporsi alle quotazioni, pur indirettamente. E a differenza dell’oro, l’argento ha un più vasto impiego a scopo industriale. Circa metà della domanda deriva proprio da questo canale. E’ per questo motivo che i suoi prezzi risentono dell’andamento dell’economia mondiale. Meglio essa va, più alte le quotazioni.

Segnale buy da rapporto con oro

E il boom recente superiore all’oro capta bene questa sua caratteristica. La Federal Reserve con ogni probabilità dovrà rinviare il primo taglio dei tassi di interesse. Era atteso per giugno fino a ieri, adesso è scontato per settembre. Il dato sull’inflazione negli Stati Uniti a marzo segnala che la prima economia mondiale va bene e ciò crea pressioni sui prezzi al consumo. Naturale che l’argento splenda anche più dell’oro. E poi c’è quel rapporto tra i due metalli arrivato a valutazioni più alte della media storica. Al momento, il “gold-silver ratio” si attesta in area 83. Negli ultimi trenta anni, in media è stato attorno a 67, pur con ovvie e ampie oscillazioni.

Tutto ciò significa che l’argento è relativamente deprezzato rispetto all’oro. O sale più velocemente del secondo o è questi che dovrà retrocedere per tendere alla media storica trentennale. Tuttavia, esistono buone ragioni per credere che il rally aureo non sia finito e, anzi, proseguirà anche nel medio-lungo termine. In altre parole, sembra che l’argento abbia dinnanzi a sé buone prospettive di crescita. Il segnale “buy” scatta tendenzialmente quando il rapporto tra i due metalli supera quota 80.

Argento favorito da transizione energetica

A favorirne la corsa c’è anche la transizione energetica, visto l’impiego necessario per la costruzione di pannelli fotovoltaici e di batterie delle auto elettriche. Aggiungiamo anche il fatto che, similmente all’oro, la domanda supera l’offerta. Le estrazioni non riescono a correre dietro all’alta richiesta, per cui le pressioni rialziste sui prezzi ci stanno tutte. E, infine, dato l’elevato impiego industriale, l’argento avrebbe una sorta di “floor” alto a limitarne la caduta nel caso in cui venisse meno la domanda per investimenti.

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