Se nei mesi recenti non avevamo granché capito cosa fosse successo ad Antonio Conte e, soprattutto, alla sua Inter, a Europa League conclusa e persa in finale abbiamo qualche forte indizio sulle possibili cause del nervosismo dell’allenatore nerazzurro negli ultimi tempi. L’uomo è rimasto vittima di una maxi-truffa finanziaria da 30,6 milioni di euro. Tanti ne aveva consegnato al fondo Kidman di Massimo Bochicchio, finanziere italiano di 54 anni e che tra il 2006 e il 2012 aveva lavorato alla HSBC, per l’esattezza alla divisione Global Banking & Markets.

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Da due sentenze della Corte Commerciale britannica, di cui la prima del 17 luglio scorso, è emerso che Bochicchio avrebbe dovuto effettuare a favore di Conte e altri 8 investitori pagamenti per 33,1 milioni. La scadenza è stata disattesa e i malcapitati hanno cercato invano di contattare il loro “aguzzino” per recuperare almeno l’investimento, scoprendo che l’indirizzo email stesso fosse falso. Da qui, la decisione del giudice inglese di procedere al sequestro dei beni di Bochicchio, che tra liquidità e immobili sparsi tra Londra, Miami e Italia dispone di 61,4 milioni di patrimonio. In esso rientra anche la lussuosa residenza di Holland Park, dove l’allenatore ha vissuto quando era al Chelsea e dove successivamente ha risieduto il fratello Gianluca.

E dire che l’aggancio per Bochicchio era stato proprio il fratello di Conte, che ha lavorato come consulente per il finanziere in un’altra società, la Tiber Capital. Si è scoperto, invece, che i documenti HSBC fatti firmare a Conte e alle altre vittime della truffa fossero stati falsificati. La banca ha smentito di avere a che fare con questo affare sia direttamente che tramite le sue controllate.

La truffa tiene Conte a Milano

Certo, non sarebbe servito un master in finanza per capire che ci fosse puzza di bruciato.

Il fondo Kidman risulta in possesso di un capitale di 1 sterlina e non disporrebbe di alcuna autorizzazione per operare. La più classica e semplice delle truffe, insomma, con alti rendimenti promessi e zero garanzie di base. Capiamo benissimo che anche per uno degli allenatori di calcio più pagati al mondo sarà stato uno choc scoprire di avere consegnato più di 30 milioni nelle mani sbagliate. Conte potrebbe non avere lavorato all’Inter con la serenità mentale di cui aveva bisogno e adesso non avrebbe avuto quella reale libertà di scelta per decidere se e come dirsi addio con Suning, la proprietà cinese della società.

Dimettersi avrebbe significato rinunciare a circa 24 milioni di euro netti per le prossime due stagioni, che sulla base del contratto gli verrebbero corrisposti comunque nel caso di esonero. Nessuno sarebbe così fesso da buttare via una tale fortuna (lasciamo stare i buoni sentimenti), meno che mai se ha già alle spalle una cifra ancora più grossa da recuperare e che non si sa se, quanto e in che misura tornerà effettivamente a casa. E così, ieri l’accordo a sorpresa, per certi versi, dato il clima burrascoso degli ultimi giorni. Conte non se ne andrà da Milano e Suning non si ritroverà a pagare per la prossima stagione ben 3 allenatori: Luciano Spalletti, lo stesso Conte e chi lo avrebbe dovuto eventualmente succedere in panchina.

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