Un inizio di settimana drammatica per la lira turca, che nel corso della mattinata perdeva un altro 6,7% contro il dollaro, attestandosi a un tasso di cambio di 17,50. Nel primo pomeriggio, le perdite acceleravano a circa il 9%, con il cross a 17,89. Da inizio anno, perde più del 58%. Si tratta della peggiore crisi valutaria da oltre un quarto di secolo, persino più forte di quella del 2001, che fu alla base dell’ascesa al potere del presidente Erdogan.

E proprio le parole del capo dello stato hanno scatenato nuove vendite ai danni della lira turca.

In un discorso pubblico, ha confermato che non indietreggerà sulla sua richiesta alla banca centrale di tagliare i tassi d’interesse. Anzi, ha aggiunto che egli non farebbe altro che adeguarsi alla “nas”, un termine turco per indicare la legge islamica, la quale vieta l’usura, ovvero di prestare denaro dietro interessi.

Il presidente Erdogan si mostra ancora una volta convinto che bassi tassi freneranno l’inflazione, tra l’altro riducendo i consumi. Tutto il contrario di quanto pensino le banche centrali nel resto del mondo. Scontro nel fine settimana con l’associazione imprenditoriale Tusiad, che ha chiesto al governo di porre fine a un modello economico fallimentare. Per tutta risposta, Erdogan ha dichiarato che l’organizzazione vorrebbe portare al potere un governo capace di sfruttare, avvertendo che “la nazione glielo impedirà”.

Lira turca, la “salvezza” dei Bitcoin

L’unico possibile sollievo per la lira turca, a questo punto, sarebbero elezioni anticipate. In programma per il 2023, Erdogan ha confermato che si terranno alla scadenza naturale. E la caduta verticale nei consensi difficilmente lo convincerà del contrario. Detto questo, se sorprendesse i mercati con una scelta di senso opposto, probabile che almeno il cambio smetterebbe di crollare nell’attesa che cittadini turchi e investitori stranieri capiscano cosa accadrebbe dopo.

Dinnanzi agli uffici del comune, le file di anziani e poveri s’ingrossano di giorno in giorno per chiedere sussidi contro il carovita. All’inizio del mese, le famiglie possedevano risparmi in dollari per 226 miliardi, più del 60% del totale. Insomma, stanno fuggendo dalla lira turca per mettere in salvo i risparmi. Movimenti anche sul mercato delle crypto, con boom di compravendite di Bitcoin e altri token digitali. Del resto, basti un esempio per farvi capire: se all’inizio dell’anno avessimo investito 100.000 lire turche, avremmo comprato – al cambio di allora di 7,43 contro un dollaro – 0,46 Bitcoin. Oggi, questi varrebbero 21.300 dollari, cioè quasi 373.000 lire. In altre parole, non solo avremmo conservato il potere d’acquisto, ma avremmo altresì aumentato il nostro capitale di 3,7 volte.

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